Che regali alimentari avete fatto a Natale quest'anno? Io ho preparato due marmellate del libro dei Regali Golosi di Cavoletto (fichi, rum e vaniglia e pere e cioccolato) e le ho impacchettate insieme a dei cucchiaini colorati e ho fatto tanti biscotti alle spezie, alle mandorle, al grano saraceno. Per due colleghe che sono anche due amiche speciali (sono loro che mi hanno regalato la Pina), avevo in mente il pandoro, che avevo fatto la prima volta l'anno scorso. Evidentemente non avevo capito di aver avuto la fortuna del principiante perché quest'anno quando ho estratto dal forno il primo dei due e ho tentato di farlo uscire dallo stampo mi si è spetasciato infelicemente a causa della cottura sbagliata. Dentro era rimasto crudo infatti e io ho visto tutte le mie ore di lavoro andare così in frantumi sul piano di lavoro. Qualche ora più tardi ho cotto il secondo (ho uno stampo da mezzo chilo, perciò con la ricetta delle Simili ne vengono fuori due piccolini), che per fortuna è venuto fuori come doveva, ma non avevo più tempo per prepararne un altro e consegnarlo prima di Natale.
Che fare allora? Non potevo regalare ad una delle due il pandoro e all'altra i soliti biscotti che le avevo preparato l'anno scorso, non sarebbe stato equo. Toccava scovare anche per lei una ricetta speciale, che però non richiedesse due giorni di preparazione.
Ecco allora che mi è venuto in soccorso il numero speciale di Natale di Sale e Pepe. Devo dire che sulle prime quell'articolo mi aveva un po' irritata: attendevo con ansia di ricevere la rivista per vedere se mi dava qualche suggerimento per regalini sfiziosi e l'idea dei cioccolatini mi aveva infastidita. Preparare i cioccolatini è impegnativo e delicato e avrei preferito qualche idea più alla mia portata.
Ma ero disperata e avevo un termometro da cucina. Ho capitolato.
Cos'ho da dire in proposito? Che se non si è trattato della già citata fortuna del principiante, questa ricetta, ovviamente con l'uso del termometro, non è particolarmente difficile. E' solo un po' lunga, perché quando togliete il cioccolato dal fuoco ci vuole un po' perché scenda alla temperatura giusta.
I cioccolatini hanno un sapore favoloso, che fonde perfettamente il gusto del cioccolato con quello del caffè e sono quindi perfetti non solo come regalo, ma anche da offrire come fine pasto o da portare a una cena cui si è invitati.
Meglio ancora sarebbe con gli stampini: io il prossimo anno mi sa che me li compro e regalo cioccolatini a tutti.
Per l'amica in questione ho trovato una bella scatola di cartone in colorificio, l'ho chiusa con un nastro di tessuto beige e ho fatto un figurone.

Praline al caffé
(ricetta tratta da Sale e Pepe speciale Natale

cioccolatini al caffè

Ingredienti per circa 25 pezzi (a seconda della dimensione)
150 gr cioccolato fondente
1 tazzina di caffè espresso
mezzo cucchiaino di caffè liofilizzato in polvere
10/15 gr zucchero di canna

Prima di tutto occorre temperare il cioccolato. Tritate finemente 100 gr di cioccolato, trasferitelo in una bastardella e scioglietelo a bagnomaria, facendo attenzione a che il fondo non tocchi l'acqua. Quando la temperatura arriva a 45°, levate la bastardella dal bagnomaria e unite il cioccolato rimasto, tritato. Mescolate finché si è sciolto e lavoratelo con una spatola, fino ad arrivare a una temperatura di 27°C (ci vorrà un bel po' di tempo, consiglio di farlo sul balcone, se lo avete o sul davanzale della finestra aperta, viste le attuali temperature esterne, almeno a Milano). Rimettete sul bagnomaria e scaldate fino a 32°C.
Scaldate il caffè, unite quello liofilizzato e lo zucchero e mescolate finché non si è sciolto.
Aggiungete il caffè sul cioccolato sciolto e amalgamate. Versate il cioccolato negli appositi stampini se li avete o su un foglio di carta forno, formando dei dischetti di circa 4 cm di diametro e fateli solidificare.
Conservate in un luogo fresco (ma non in frigo). Tenete presente che vista la presenza del caffè, i cioccolatini resteranno un po' morbidi.
Questo piatto è stato realizzato in un giorno in cui avremmo dovuto pranzare fuori. Oggi infatti saremmo dovuti andare a trovare mia madre, solo che ieri mi ha telefonato per dirmi di posticipare la visita: dalle sue parti infatti sembra che ci sia una nebbia terribile e lei non sarebbe stata tranquilla a saperci in macchina in quelle condizioni.
Così mi sono trovata a casa con il menu di oggi non fatto. E ora?
Per fortuna mi sono ricordata che avevo ordinato al gas i topinambur, perché avevo visto delle ricette interessanti su Cucina Naturale di novembre. Così sono corsa a cercare quel numero della rivista e ho trovato un piattino niente male. Ovviamente, non essendo una preparazione pianificata, mi sono trovata a realizzarla senza alcuni ingredienti abbastanza importanti, che non avevo in casa, come i pomodorini secchi o la scorza di limone (non c'è verso di trovare limoni non trattati, mi sa che quest'anno di biscotti al limone non se ne preparano).
Ad ogni modo è venuto tutto molto buono lo stesso, perciò con tronfiaggine estrema vado a presentarvi questo piatto che doveva essere di fortuna e invece è risultato da gourmet.

Gnocchi allo zafferano con topinambur e olive
(ricetta tratta da Cucina Naturale di novembre)
gnocchi allo zafferano con topinambur

Ingredienti per due persone
250 gr topinambur
110 gr farina
40 gr pangrattato
1 spicchio d'aglio
salvia e rosmarino (io li avevo secchi, se li avete freschi è meglio)
olive nere
1 bustina di zafferano
olio evo
sale

Mescolare la farina, il pangrattato e lo zafferano, aggiungere un pizzico di sale e amalgamare il tutto con poca acqua tiepida, aggiungendola poco alla volta, fino a formare un panetto. Coprire e lasciar riposare per 40 minuti in un luogo caldo (io avevo cotto una torta da non molto e l'ho messo nel forno spento).
Lavare e sbucciare i topinambur e tagliarli a cubetti.
Tritare l'aglio, scaldare due cucchiai d'olio in una pentola dal fondo pesante e soffriggere l'aglio insieme alla salvia e al rosmarino tritati. Aggiungere i topinambur, coprire e cuocere per 15/20 minuti a fuoco basso, aggiungendo poca acqua di tanto in tanto per non far attaccare.
Riprendere l'impasto degli gnocchi, formare dei cilindretti su un piano infarinato e tagliarli a cubetti. Cuocerli per almeno cinque minuti in abbondante acqua salata, scolarli con una schiumarola e aggiungerli alla pentola dei topinambur, mescolando bene.
Tritare le olive e servirle sopra il piatto di gnocchi e topinambur.
Penso spesso che questo blog verrà abbandonato. Forse ha assolto alla sua funzione quando era il momento e ora non ne ho più bisogno. Probabilmente mi serviva per dire a me stessa che c'erano cose che anch'io avrei imparato a fare. Ed è vero: ci sono tante cose che ho imparato a fare e non lo sospettavo: la focaccia, il pandoro, i grissini. Quelle che erano i miei tabù, ovvero la torta a strati (qualsiasi) e la pasta casalinga, sono rimasti tali. Forse me li tengo apposta, non so.
Cucino ancora abbastanza: specie per cena, quando è impossibile fotografare e fondamentalmente questa voglia di fotografare i cibi mi è un po' passata. La settimana scorsa per esempio avevo fatto dei deliziosi panini alla farina di castagne con la pasta madre ed erano anche piuttosto graziosi da vedere, sarebbero stati perfetti per il blog. Boh. Non ho avuto voglia di fotografarli e ciao. L'importante è che ce li siamo mangiati.
Eppure si vede che non è ancora finita, ecco perché sono qui con questa ricetta di torta di pere e zenzero copiata dall'ultimo numero di Sale e Pepe. Quella che vedete nella foto è proprio l'ultima fetta: solo un altro ripensamento e non sarebbe qui. Invece eccola.
Non solo buona, ma anche soffice e profumatissima.
Torta rovesciata di pere e zenzero
torta rovesciata di pere
Ingredienti per 8 persone
4 pere williams sode
230 gr farina
200 gr zucchero di canna
100 gr zucchero semolato
il succo di un limone
250 ml latte
una tazzina da caffè di olio di riso (o girasole)
2 uova
1 cucchiaino colmo di zenzero in polvere
1 cucchiaino di bicarbonato
sale

Portate a ebollizione un litro d'acqua insieme allo zucchero semolato, aggiungete il succo di limone e le pere sbucciate, tagliate a metà e private del torsolo. Cuocete le pere finché non sono morbide: a me sono bastati 15 minuti. Scolatele e fatele raffreddare.
Setacciate la farina in una ciotola con il bicarbonato e lo zenzero e aggiungete lo zucchero di canna e un pizzico di sale, mescolando. In un'altra ciotola rompete le uova, unite il latte e l'olio, sbattete e versate sul composto di zucchero e farina. Mescolate con una frusta fino a ottenere un impasto omogeneo.
Rivestite di carta forno bagnata e strizzata una teglia rettangolare 20x24 cm e disponetevi le pere, con il lato tagliato verso il basso. Versatevi sopra l'impasto e cuocete in forno già caldo a 180°C per circa 35 minuti.
Fate intiepidire e rovesciate su un piatto da portata prima di servire.
Sono arrivati i primi freddi e io ancora non ho postato la mia ciambella pesche, lamponi e lavanda. Anzi, è passato un mese da quando l'ho realizzata e probabilmente le pesche non si trovano più sui banchi del mercato.
Lungi da me suggerire una ricetta non di stagione, ma se non la posto adesso non la posto più perciò vi dico: segnatevela per il prossimo anno oppure fatela con le mele. Del resto io l'ispirazione per l'abbinamento l'ho presa qui, dove appunto il dolce era realizzato con le mele, se l'ha fatto lei vuol dire che l'abbinamento con la lavanda tiene e la mia preoccupazione era proprio questa.
Da tempo infatti volevo provare una qualche ricetta con la lavanda alimentare che mi era stata regalata, ma temevo l'effetto saponetta.
Nella ricetta di Fiordifrolla ho trovato invece la dose giusta e un suggerimento di abbinamento con le pesche e i lamponi che mi è proprio piaciuto. Ecco perché lo ripropongo con entusiasmo.
La foto risente del fatto di essere stata ritoccata con una luce pessima e in effetti non è molto invitante. Sappiate però che il risultato è un dolce soffice e gradevole, in cui la lavanda si sente, ma senza esagerare. Certo, il sapore è un po' insolito, ma a volte è divertente provare gusti insoliti.
Ciambella pesche, lamponi e lavanda
ciambella pesche, lavanda e lamponi
Ingredienti
1 grossa pesca (o una grossa mela)
100 gr lamponi
1 cucchiaio raso di lavanda alimentare
350 gr farina
200 gr zucchero
una tazzina da caffè colma di olio di riso
3 uova
una bustina di lievito in polvere

Accendere il forno a 180°C. Lavorare le uova con lo zucchero con una frusta, finché sono gonfie e spumose. A questo punto aggiungere l'olio di riso e mescolare bene. Aggiungere la farina setacciata con il lievito e amalgamare. Aggiungere la lavanda, la pesca (o mela) sbucciata e tagliata a dadini e i lamponi lavati e asciugati. Mescolare delicatamente.
Versare il composto in uno stampo da ciambella ben imburrato e cuocere in forno già caldo per 45 minuti.
Era un pezzo he sentivo parlare delle pesche saturnine (dette anche tabacchiere), ma non riuscivo a trovarle in giro. Poi sono comparse nei negozi di ortofrutta e nei supermercati, ma a prezzi proibitivi. Così ho rinunciato, finché un giorno non le ho trovate al mercato  Il prezzo era abbastanza buono, così ho deciso di provarle. In effetti sono molto buone: compatte, dolci e leggermente profumate di vaniglia.
Prevalentemente le ho mangiate così com'erano, ma ho trovato questa ricetta su Cucina Naturale di luglio-agosto che vi voglio proporre, anche se adesso le pesche saturnine non si trovano più. Ma questo  dessert si può riprodurre anche con le pesche comuni e la cremina era così buona che vorrei provare a rifarla e servirla da sola anche con altri frutti (penso ai lamponi per esempio).

Pesche saturnine con salsa al limone
dessert di pesche saturnine
Pulite tre pesche tabacchiere, affettatele, conditele con succo di limone e menta fresca e stendetele su un piatto da portata (o due piattini individuali). Pelate una quarta pesca, tagliatela a pezzi e frullatela insieme a 50 gr di ricotta cremosa, 2 cucchiai di zucchero e poca buccia di limone grattugiata. Se necessario aggiungete povo latte (a me non è servito). Versate la cremina sulle pesche affettate e decorate con mandorle a lamelle.
Quindi bisogna sbrigarsi a postare le ricette tipicamente estive! Sono andata a guardare l'archivio e avevo fatto questa ricetta a fine giugno: poi si sa, la pigrizia (e poi l'ho già detto), la memoria, la difficoltà a sistemare le foto con un computer decente (sto scrivendo con un portatile che ha uno schermo minuscolo) mi hanno fatto rimandare a lungo.
Ma non posso più aspettare: gli acquazzoni milanesi mi hanno fatto capire che l'estate è agli sgoccioli, anche se probabilmente al sud il clima è ancora mite e chi vuole riprodurla è ancora in tempo. A patto di trovare i pomodori adatti a essere riempiti.
Di ricette di pomodori ripieni ce ne sono a centinaia immagino: quella che vi presento qui è tratta da Sale e Pepe di luglio, un numero che mi ha dato diverse soddisfazioni, anche se non tutte sono state immortalate.
Ma bando alle ciance: che parli la foto, che gode della bella luce estiva con la quale è stata scattata.
Pomodori con riso, mozzarella e basilico

Pomodori ripieni
Ingredienti per due persone
2 grossi pomodori costoluti
80 gr. riso parboiled
100 gr mozzarella
20 gr pomodori secchi sott'olio
basilico
olio evo
sale e pepe

Svuotate i pomodori, salateli all'interno e rovesciateli su carta assorbente ad asciugare. Lessate il riso in acqua salata, scolatelo e conditelo con un filo d'olio e con il pepe. Farcite i pomodori alternando strati di riso, mozzarella a dadini, pomodori secchi tritati e basilico. Irrorate i pomodori con un filo d'olio e cuoceteli in forno già caldo a 180° per circa 25 minuti.
Mi è venuta voglia di scrivere, che la fine del mondo sia poi molto più vicina del vaticinato 2012? Non saprei dire se il mio improvviso entusiasmo sia dovuto a qualche strana congiunzione astrale, ma ho pensato di approfittarne in fretta, prima che mi passi.
La ricetta che propongo è in effetti abbastanza estiva o almeno, questo è l'effetto che fa a me. Io l'ho trovata su Cucina Moderna di agosto scorso e l'ho leggermente modificata, nel senso che l'ho alleggerita. L'originale prevedeva del pan carrè ammollato nel latte, che io ho eliminato in toto, tenendo solo la cremosità della ricotta frullata con la polvere di mandorle: a parer mio ho salvaguardato il sapore senza infierire con le calorie. Anche perché i pomodori secchi già da soli mi pare che aggiungano un bel carico, ma sono così buoni...
Pasta al pesto di mandorle
(ispirazione tratta da Cucina Moderna di agosto)
Pasta al pesto bianco

Ingredienti per due persone
160 gr pasta
100 gr mandorle
70 gr ricotta
qualche pomodorino secco sott'olio
un rametto di menta
sale, pepe

Cuocere la pasta al dente in abbondante acqua salata. Tritare le mandorle e amalgamarle alla ricotta, regolare di sale e pepe. Spezzettare la menta e unirla alla crema di ricotta. Scolare la pasta e condirla con la crema. Se la crema dovesse risultare poco fluida si può aggiungere dell'acqua di cottura della pasta.
Cospargere coi pomodorini secchi tagliati a pezzi e servire.
Ho già fatto questo post l'anno scorso, che ridere. Qualcuno ha visto per caso una torta a strati dalle parti di casa mia? A me non risulta, a meno che non l'abbia fatta una delle mie vicine (mi sa di no comunque). Be', il bello dei propositi non realizzati è che tornano buoni per l'anno seguente. Che spiritosona.
Allora, quali sono i miei buoni propositi per affrontare l'autunno che verrà e anche i prossimi mesi fino all'estate del 2012?
Il primo è lo stesso dell'anno scorso.
1. Imparare a fare le torte a strati.
2. Imparare a fare i cupcakes. Un'amica mi ha regalato un libro bellissimo: devo proprio decidermi a provare qualcuna delle ricette.
3. Imparare a fare la pasta in casa. A Natale l'anno scorso il marito mi ha regalato l'aggeggio del KA per tirare la sfoglia e si merita che venga messo in uso.
NB: a tutti quelli che pensano che uno o tutti e tre i punti segnati siano di una facilità da non essere neanche presi in considerazione, rispondo preventivamente (sì, proprio come George Bush figlio): "Saranno facili per voi, tzè".
Io ci sono andata per quello. Perché erano anni che volevo vedere i campi di lavanda: quei campi come mari viola in cui perdere l'occhio e il cuore. Anche se credo che la Provenza abbia aspetti affascinanti in qualsiasi periodo dell'anno, da gennaio a dicembre, sia per le belle città che per la natura.
Dicevamo lavanda quindi. Per vedere la lavanda è essenziale non partire oltre la metà di luglio. Dal 14 in poi infatti, comincia la mietitura e si rischia di fare tutto un viaggio per stradine impervie e trovarsi davanti dei campi con cespuglietti verdi alti non più di dieci centimetri. Abbiamo visto anche quelli: so di cosa sto parlando.
La Lonely Planet sostiene che la zona migliore per vedere la lavanda è il plateau de Valensole e per quanto io non abbia esattamente girato la regione in lungo e in largo, mi sento di confermare. Anche il plateau de Vaucluse è una zona di coltivazione della lavanda. Entrambi i plateau fanno parte dell'area denominata Luberon. Chiunque ne sapesse meglio è autorizzatissimo a correggermi nei commenti: la mia non è un'esposizione da grande conoscitrice della geografia.
A Valensole siamo andati subito il primo giorno: io avevo molta ansia di vedere la lavanda!
Fedele al suo nome, Valensole accoglie i suoi visitatori con un enorme campo di lavanda alle sue porte. Sulla strada c'era anche un piccolo banco che vendeva olio essenziale e miele. Il miele l'ho comprato immediatamente, mi par di ricordare che si usi per le madeleines.
Campi di lavanda presso Valensole

Campi di lavanda alle porte di Valensole
Ma la zona tutt'intorno è disseminata di campi. Quando siamo tornati verso il nostro Bed & Brekfast abbiamo preso una piccola statale, fiancheggiata a destra e a sinistra di coltivazioni di lavanda. Ad un certo punto ho pregato il marito di fermarsi, perché volevo fare delle altre foto. Abbiamo lasciato l'auto sotto un albero e sono scesa a scattare altre foto dei campi di lavanda. Non c'era nessuno oltre a noi: c'era una gran pace: si sentivano solo le api ronzare laboriosamente (facevano un gran baccano), per non parlare del profumo, che anche mentre andavamo, entrava in auto dai finestrini aperti. Quel giorno ero emozionatissima.
Campo di lavanda con cespuglio verde - plateau de Valensole

Cespuglio di lavanda - plateau de Valensole
Come dicevo, oltre al plateau de Valensole, anche l'area del plateau de Vaucluse è nota per le sue coltivazioni. Purtroppo quando siamo arrivati lì, al nostro quinto giorno di vacanza, alcuni campi erano già stati mietuti e l'effetto non è stato inebriante come il primo giorno. Certo però che l'abbazia di Senanque si fa perdonare ogni cosa!
Immagine 490

Immagine 509
Anche campi meno ricchi di quelli di Valensole.
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Ad ogni modo, in Provenza di lavanda se ne vede dappertutto.
A Forcalquier c'erano perfino i banchetti al mercato.
Forcalquier - mercato
Anche nel nostro B&B la signora ne aveva tanti bei cespugli, nonostante fossimo molto più a sud del Luberon e l'ultimo giorno, prima che partissimo, ne ha tagliato un mazzo e me l'ha regalato. L'abbiamo lasciato in macchina e tuttora, quando saliamo, veniamo accolti da un profumo delizioso, che ci ricorda le piacevoli giornate trascorse.
Credo sia capitato a tutti noi di tornare dalle vacanze alle elementari e di trovarsi il primo giorno a scrivere un tema ad esse intitolato. Io, che in questo periodo non sto cucinando, ne approfitterò per stilare qualche resoconto.
Sognavo la Provenza da anni. A casa ho un vecchio numero di InViaggio, datato 2001 dedicato alla Provenza, che ho sfogliato con desiderio fino quasi a consumarlo. E l'occasione giusta non arrivava mai, ma il desiderio non si attenuava.
Poi quest'anno abbiamo deciso di portare la Pina in vacanza con noi. E visto il su e giù del Brasile dell'anno scorso, abbiamo cercato una meta che si potesse raggiungere anche senza prendere l'aereo. Così, con mia grande gioia, è arrivato finalmente l'anno della Provenza.
Abbiamo comprato il numero di Bell'Europa con l'inserto sulla Provenza. Aveva la stessa copertina del vecchio In Viaggio di dieci anni fa. Per fortuna dentro era diverso. Abbiamo comprato la Lonely Planet. Abbiamo prenotato.
Per via della gatta, abbiamo scelto di non fare un viaggio troppo itinerante, ma di soggiornare in un posto fisso e fare gite giornaliere. In realtà alla fine abbiamo optato per due località: una si chiama Besse-sur-Issole ed è nell'entroterra provenzale, abbastanza a sud (40 km sopra Tolone), nella seconda settimana ci siamo spostati al mare, appena fuori da Saint-Raphael.
La Pina, opportunamente vaccinata e dotata di microchip è stata contenta di essere portata in vacanza con noi. Quando andavamo via senza di lei, nonostante venissero i familiari del marito due volte al giorno per pulirle la lettiera, darle da mangiare e farla giocare, lei si sentiva molto sola e finiva sempre per sporcare in giro. Invece in queste due settimane, nonostante gli spazi ristretti e alcuni imprevisti (nel secondo hotel c'era un gattino molto geloso dei suoi spazi che l'ha presa in antipatia), non ha mai mostrato disagi o malesseri. Quando possibile usciva, curiosava, esplorava in giro e poi tornava in camera da sola (tutto sotto la nostra supervisione naturalmente).
Dove siamo stati?
Abbiamo visitato piccoli borghi, zone di coltivazioni della lavanda, Aix, Arles, Avignone e nella seconda settimana, oltre alla spiaggia, siamo stati a Grasse e Saint-Tropez.
Lascio alcune foto sparse, magari nei prossimi giorni mi dedicherò a reportage più dettagliati.

Campi di lavanda alle porte di Valensole
Campo di lavanda - plateau de Valensole

Profumatissime spezie - mercatino di Aix en Provence
Aix en Provence - mercatino

Immagine 437
Arles - Cafè de la nuit (quello del famoso quadro di van Gogh)

Immagine 479
Avignone - il palazzo dei Papi

Immagine 494
Abbazia di Senanque

Immagine 544
Roussillon

Immagine 561
Grasse

Immagine 574
Agay - Saint-Raphael


Anche se siamo ormai rientrati da due settimane e mi sembra di non essere mai stata via, sono stata felicissima della vacanza. A parte qualche ora sfortunata il tempo complessivamente è stato buono, i posti mi sono piaciuti da matti, ho trovato persone gentilissime (e io ero piena di preconcetti nei confronti dei francesi!) e ho mangiato benissimo.
Ci sono già andata. E sono anche già tornata da un po'. Ma la pigrizia continuava e non ho nemmeno raccontato di come sia stata bene in Provenza e Costa Azzurra.
Prometto solennemente di rimediare. Da domani qualche post sulla vacanza deve proprio comparire!
Stamattina volevo proprio fotografare la sciscetta di oggi, ma vuoi la fretta, il sonno, i mille dettagli di un inizio di giornata, mi sono scordata. Così, al momento di pranzare, ho tirato fuori il telefono e scattato una foto al volo.
"Ma come, ti sei comprata la reflex e finisci a fare le foto col telefono?"
Sì, perché è importante. Questa ricetta partecipa a un contest. Ora, capirà benissimo il lettore occasionale che la pigrizia che caratterizza questo blog ultimamente non spinge in modo particolare alla partecipazione a contest. E se mi trovo a partecipare a questo, con la foto scattata davanti allo schermo del pc, è perché questo è un contest speciale.
Il contest l'hanno organizzato quattro splendide ragazze e chi volesse saperne qualcosa di più può andare a leggere qui. Loro spiegano benissimo perché il 12/13 giugno bisogna andare a votare e bisogna votare SI'. Il referendum sul nucleare non è ancora stato cancellato: andiamo tutti a votare in massa, scegliendo il SI'.
Alle loro motivazioni aggiungo che anche la Germania ha avviato un piano di dismissione delle centrali più vecchie e che la Svizzera (questa è notizia di oggi), ha varato un piano di dismissione che punta ad uscire dal nucleare entro il 2034. E le ragioni non sono solo ecologiche, ma principalmente economiche.
Non asteniamoci: dimostriamo che siamo un popolo a cui interessa dire la nostra quando è possibile. I quesiti si trovano qui e sono uno sul nucleare, due sull'acqua e uno sul legittimo impedimento. Io trovo che siano tutti importanti.
Allora, per quanto riguarda il contest avete letto tutto sul blog di Onde. La ricetta che vi vado a presentare, per partecipare è il mio pranzo da ufficio di oggi. Perché secondo me è ecologica? Prima di tutto perché non contiene nessun ingrediente di origine animale. Poi perché gli ingredienti sono di stagione. Infine, perché ho utilizzato l'acqua di cottura sia per gli asparagi che per il riso, evitando di sprecarla (e poi, visto che era già calda non ho dovuto sprecare il gas per scaldarla due volte).
Lo spunto viene da Cucina Naturale di maggio: in quel caso gli asparagi venivano stufati con dei cipollotti. Io qui ho preferito lessarli perché restassero più leggeri.
Riso con fragole e asparagi
Riso fragole e asparagi
Ingredienti per una persona
50 gr riso basmati
100 gr asparagi
100 gr fragole
olio, sale e pepe

Lessare gli asparagi cinque minuti in acqua salata, scolarli mantenendo l'acqua, che verrà poi utilizzata per cuocere il riso. Fate raffreddare sia gli asparagi che il riso, tagliate le fragole a pezzetti e condite con olio e pepe.
Ora che vi scrivo sono le quattro passate e vi giuro che non ho fame.

Concludo questo post con una vignetta pro-referendum realizzata dal mio collega Salvo, che mi ha gentilmente concesso l'utilizzo.
Ma quanto tempo che non passo di qui, in questo povero blog abbandonato. Quanta polvere! C'è nessuno?
Non ci sono più quasi nemmeno io: distratta, impigrita, al massimo sfoglio libri di cucina e vorrei che le creazioni ivi rappresentate si materializzassero senza sforzo sulla mia tavola e in maniera creativa e assolutamente autonoma, ma spiritosa su questo blog. Perché non è vero che non voglio più avere un blog, vorrei solo che si scrivesse da solo. Che si aggiustasse le foto, anche. Io mi limiterei a continuare a scattarle, quello sì (anche se domenica avevo fatto un riso delizioso e non l'ho fotografato perché c'era un cielo talmente livido che sarebbe venuta fuori una foto della depressione).
Comunque ho aspettato a lungo che il blog si scrivesse da solo, ma non è successo, così sono tornata a scriverlo io. Almeno per oggi.
Il cake che vi presento l'ho copiato paro paro da Cavoletto e l'avevo trovato, a suo tempo quando lei lo pubblicò, geniale. Tra l'altro la presenza della ricotta lo rende sofficissimo e infatti, visto che mi è arrivata una bella fornitura di ricotta dal mio gruppo d'acquisto, stasera ho intenzione di rifarlo, magari non con il bicolore caffè e grappa, ma con qualcos'altro (si accettano suggerimenti nei commenti).
Caffè corretto versione cake
(ricetta originale qui, ma anche sul libro del Cavolo)
cake bicolore corretto grappa
Ingredienti
200 gr farina
200 gr zucchero
150 gr ricotta
mezzo bicchiere di olio di riso
2 uova
una tazzina abbondante di caffè espresso
una tazzina abbondante di grappa
mezza bustina di lievito per dolci
un cucchiaino di cacao

Sbattere a lungo le uova con lo zucchero, finché non sono gonfie e spumose (circa dieci minuti), poi aggiungere l'olio di riso, mescolando bene e la ricotta. Aggiungere infine la farina setacciata insieme al lievito e lavorare fino a ottenere un composto morbido e liscio.
Dividere il composto in due parti: ad una aggiungere il caffè e il cacao, all'altra la grappa.
Versate i due composti alternati in uno stampo da cake ben imburrato e aiutatevi con una forchetta a "miscelare" i due composti per dare l'effetto marmorizzato (come vedete dalla foto a me non è riuscito benissimo). Far cuocere in forno a 180° per circa 50 minuti, verificare l’interno con uno stuzzicadente prima di sfornare.
Ci sono ricette che rimbalzano da un angolo all'altro della blogosfera: complici gli ingredienti di stagione le si vedono prima da una parte, poi dall'altra, come se tutti all'improvviso ci fossimo messi contemporaneamente a mangiare lo stesso piatto, neanche si trattasse di un flash-mob alimentare.
Il risotto alle ortiche io l'ho visto per la prima volta da lei. Poi è apparso qui. E ho trovato le ortiche al mio GAS.
"Le ordini anche per me?", mi ha chiesto la mia amica Francesca. E quando sono andata a ritirarle a casa della signora che gestisce la verdura lei mi ha detto di averle prese anche lei. "Io ci faccio il risotto", le hai detto. E lei: "Anch'io".
Alla fine la ricetta che ho scelto l'ho trovata su Cucina Naturale ed è quella che vi riporto.
Mi raccomando una cosa: quando lavate le ortiche e le sfogliate indossate per davvero i guanti. Io, dimentica di come mi facevano male da bambina (è passato troppo tempo), non l'ho fatto e mi sono tenuta le mani doloranti per tutta domenica pomeriggio.
Risotto alle ortiche
risotto alle ortiche
Ingredienti per due persone
180 gr riso
2 mazzetti di ortiche
50 gr di scamorza affumicata
dado fatto in casa (nella ricetta della rivista il brodo viene preparato con le verdure sul momento, ma io ho ancora un po' di questa meraviglia)
1 scalogno
olio evo
sale e pepe

Lavate e sfogliate le ortiche (con i guanti!). Scottatele per due-tre minuti in un litro scarso di acqua bollente leggermente salata, poi scolatele con una schiumarola e trasferitele in un colapasta.
Aggiungete all'acqua di cottura due cucchiaini di dado e proseguite la cottura.
In una padella per risotti rosolate lo scalogno affettato fine, insieme a due cucchiai di olio. Aggiungete metà dell'ortica ben scolata e fate insaporire. Frullate l'altra metà, ricavandone una sorta di pesto. Versate il riso e la crema di ortiche nella pentola insieme alle ortiche, versando un po' per volta il brodo e cuocendo come un normale risotto.
A fine cottura spegnete il fuoco, aggiungete la scamorza grattugiata con la grattugia a fori larghi, coprite e fate mantecare per un paio di minuti.
Servite con altra scamorza grattugiata e una spolverata di pepe.
Vi ho mai parlato dei colleghi del marito? Io li amo moltissimo. Mi hanno adottato come se fossi una collega loro, mi portano sempre fuori a pranzo, anche quando lui non c'è, mi invitano a tutto ciò che organizzano e con loro posso dare libero sfogo a tutte le battute acide che spesso mi vengono naturali e che in generale devo tenermi per me, perché non vengo capita o rischio di offendere qualcuno (il mio capo dice che sono capace di far arrabbiare contemporaneamente due persone con una frase sola): anzi loro si divertono assai e mi rispondono anche peggio, per l'ilarità e la gioia di tutti.
Siccome volevo dar loro prova del mio affetto e contemporaneamente sperimentare qualcosa dall'ultimo arrivo libresco, in offerta con Sale & Pepe di aprile, ho scelto questa ricetta. Perché erano mesi che volevo provare a fare i chocolate chip cookies e avevo accumulato almeno una decina di ricette, ma poi si sa che deve scattare qualcosa per mettersi davvero all'opera.
I colleghi hanno fatto degno onore alla produzione, poi però sono scappati via lamentando inesistenti problemi di linea. E noi ci siamo mangiati gli avanzi.
La foto è stata scattata con la macchina fotografica nuova. Secondo me si vede la differenza, spero che la vediate anche voi.
chocolate chip cookies
Ingredienti
100 gr zucchero
120 gr zucchero di canna
115 gr burro a pezzetti
1 cucchiaino di estratto di vaniglia
mezzo cucchiaino di bicarbonato di sodio
190 gr farina
un quarto di cucchiaino di sale
200 gr gocce di cioccolato
130 gr noci a pezzetti

Scaldare il forno a 150°C. Sbattere il burro e i due tipi di zucchero fino a ottenere un composto cremoso. Unire l'uovo, la vaniglia, il bicarbonato di sodio, sbattendo lentamente.
In una ciotola unire il sale alla farina setacciata e aggiungerli al composto di burro e zucchero. Continuare a mescolare finché la farina sarà completamente amalgamata, poi unire il cioccolato e le noci.
Foderare una teglia con carta forno, formare delle palline di circa 4 cm e sistemarle sulla teglia ad una distanza di circa 2/3 centimetri. Cuocere i biscotti per circa 15 minuti, sfornare e far raffreddare su una griglia.
Servire con un bicchiere di latte freddo.
Ne vengono circa due teglie.
Chi mi segue anche su Twitter saprà che dopo lunghi tentennamenti, soprattutto del portafogli, ho deciso di comprarmi la reflex. L'ho chiamata Ludovica, come va di moda adesso (non me ne vogliano eventuali mamme di Ludoviche che passano di qui: è un nome bellissimo, ma un po' inflazionato).
Io e Ludovica ci siamo amate subito, fin dal primo giorno, quando l'ho portata in un parco giardino a fare le foto ai tulipani. A proposito: se non vivete troppo distante andateci, è un posto splendido e dista solo un'ora e mezza di macchina da Milano.
Ora però ci sarebbe il problema di tutte quelle orrende foto scattate prima dell'arrivo di Ludovica. Che fare? Postarle lo stesso o no?
Nel dubbio ha vinto la pigrizia. Intanto che imparo a usare quella nuova e a fare foto di food come si deve, beccatevi queste immagini scattate con la Cecilia, che è la macchinetta vecchia. Tra l'altro la Cecilia mica la mando in pensione: verrà di certo ancora utile in altre occasioni.
Dicevamo dunque delle vecchie e brutte foto. Del resto il futuro ci riserva con molta probabilità delle nuove ma sempre brutte foto, che in fondo l'abilità sta nel fotografo, mica nel mezzo. E se la ricetta è valida non vedo perché uno dovrebbe fare lo schizzinoso.
Per di più ne approfitto per segnalare una cosa: i pirottini ritratti insieme ai muffin sono dell'Ikea e sono stati pagati una sciocchezza, per cui se ci capitate non lasciateveli sfuggire. Io li trovo deliziosi.
La ricetta che mi appresto a scrivere è tratta da Cioccolato di Donna Hay e nella versione originale contiene i lamponi. Quando io ho preparato i muffin non era stagione di lamponi, ma di pere sì e così ho pensato bene di farli in versione "autunnale". Niente vieta di riprodurli nella versione originale o di scegliere un frutto a piacimento che si abbina bene con il cioccolato bianco.
Muffin al cioccolato bianco e pere
(ricetta tratta e adattata da Cioccolato di Donna Hay)
muffin cioccolato bianco e pere
Ingredienti
1 grossa pera tagliata a dadini
150 gr farina autolievitante setacciata
80 gr zucchero semolato
125 ml panna
1 uovo
1 cucchiaino di estratto di vaniglia
40 ml di olio vegetale (io uso quello di riso)
80 gr di cioccolato bianco a pezzetti

Scaldate il forno a 180°. Mescolate in una ciotola la farina con lo zucchero. Mescolate la panna, l'uovo, l'estratto di vaniglia e l'olio e sbattete bene. Unite questo composto agli ingredienti secchi, unite i dadini di pera e il cioccolato e versate il composto negli stampini da muffin ricoperti coi pirottini di carta (a me ne sono venuti 12). Infornate per 25-30 minuti.
Aprile è alle porte e io non ho ancora postato la ricetta di marzo del Cavolendario. Ma sono ancora in tempo!
So già che questa ricetta farà storcere il naso ai puristi. Ma chi se ne frega: sono una purista io? Al massimo della lingua italiana, per il resto sono una regina del sanfasò, perciò ben venga questa sperimentazione della carbonara, piena di tutti i sapori che mi piacciono.
Essendo anche pigra come ormai sanno anche i non lettori, ho fatto delle piccole modifiche di comodo (e poi non avevo gli spaghetti alla chitarra).
La versione originale ovviamente può essere reperita qui, perciò non mi affaticherò a scrivere le differenze in questo post (ah, come so ottimizzare io...).
Se non vi siete ancora scocciati di questo tono sbrigativo da impiegata del catasto, ecco qua il risultato del mio piatto e la ricetta.
Carbonara coi carciofi
(ricetta di Sigrid Verbert)
Carbonara ai carciofi
Ingredienti per due persone
160 gr di spaghetti
1 uovo
50 gr di parmigiano reggiano grattugiato
una confezione di pancetta dolce (ecco qua lo specifico però: se trovate il guanciale preferitelo)
1 carciofo
olio evo
sale e pepe

Pulire il carciofo e tagliarlo a spicchietti sottili. Rosolare in padella con un cucchiaino d'olio i quadretti di pancetta, scolarli e tenerli da parte al caldo. Nella stessa padella cuocere i carciofi per circa cinque minuti.
Nel frattempo cuocere la pasta in abbondante acqua salata. Nel mentre sbattere bene l'uovo con il formaggio fino a ottenere una cremina fluida. Se occorre aggiungere poca acqua di cottura della pasta.
Scolare la pasta, condirla con la cremina di uovo, distribuirla nei piatti aggiungendo i carciofi e la pancetta e spolverizzando con pepe appena macinato.
Il marito ancora un po' si mangiava pure il piatto.
Qualcuno penserà che faccio solo post con dolci. La verità è che ultimamente cucino praticamente solo quelli, oltre ai crackers di pasta madre che poi rifilo a ospiti o colleghe.
Voi l'avete mai fatto il fondant al cioccolato? Io prima di ora no. Avete presente la foto che c'è su Cioccolato! di Trish Deseine? Ecco, quello. Io avevo una paura folle di quel dolce. Lo lumavo dalla copertina del libro. Lo vedevo in giro nei vari blog di quelle che lo facevano. Leggevo e rileggevo la lista degli ingredienti. E pensavo: questa è una follia. Non arrivavo neanche al dubbio: "Mi verrà?". Restavo lì, ai 250 gr di burro e alle sei uova. E lasciavo perdere.
Poi cos'è successo? Sono stata presa da una sorta di sfinimento interno.
Avevo ospiti una coppia di amici a cena in un momento in cui di mettermi a cucinare non avevo nessunissima voglia (avevo molta voglia di vederli però, quello sì). Pensate solo che alla fine gli ho rifilato le polpette, poverini (e non si sono neanche lamentati). In un momento così, di pigrizia assoluta, il fondant al cioccolato mi ha presa alle spalle. Era così facile e avevo tutti gli ingredienti (perché alla fine son tre cose, anche se in quantità micidiali), che non ci ho pensato neanche su e l'ho preparato.
Allora: due cose. La prima è che non è vero che non si sforma e che occorre mangiarlo col cucchiaino tutti dalla teglia. Cioè: non si sforma, ma basta imburrare bene la teglia e si possono tranquillamente tagliare le fette e servire ogni commensale col suo piattino. La seconda è che si mantiene benissimo a temperatura ambiente per diversi giorni ed è sempre buono. Non pensate che non occorra mantenerlo che tanto ve lo mangerete tutto. La verità è che (a parte i miei ospiti che ne hanno presa doppia porzione), una volta ingollato un boccone non vorrete mangiare più altro per il resto della giornata, davvero. Vi sentirete pieni come non mai.
Del resto, con tutte queste calorie...
Fondant al cioccolato di Virginie
(ricetta di Trish Deseine)
fondant al cioccolato
Ingredienti
6 uova
250 gr zucchero
250 gr burro
250 gr cioccolato fondente
(avete letto bene: niente farina)

Separate i tuorli dagli albumi e sbattete i primi con lo zucchero finché non diventano gonfi e spumosi. Nel frattempo fate sciogliere il cioccolato a bagnomaria insieme al burro.
Montate a neve gli albumi. Incorporate dapprima la miscela di burro e cioccolato ai tuorli, successivamente aggiungete gli albumi delicatamente, avendo cura di non smontarli.
Versate il composto in una teglia da 30 cm. di diametro ben imburrata e con i bordi alti, perché il composto è parecchio voluminoso e cuocete in forno già caldo a 180°C per 40 minuti.
Favoloso.
L'altra sera sono uscita a cena con una cara amica bravissima a fare i dolci e mi ha raccontato una bella novità: ha trovato un'enoteca che le compra le torte. Che bella soddisfazione!
Lei ha sempre amato farle, ma si scontra con se stessa e il suo timore di ingrassare, il compagno che non ama i dolci e delle colleghe con cui va poco d'accordo (e quindi non ha piacere a portarle in ufficio). Ecco finalmente qualcuno in grado di apprezzare e anche un piccolo ritorno economico.
Sono stata proprio contenta per lei.
Le ho chiesto quali torte facesse e mi ha spiegato che sono le più varie: dalle superchic farcite e glassate, a quelle semplici da colazione (quella di carote e mandorle sembra andare per la maggiore) e ne porta quattro alla settimana. Poiché le lasciano quasi carta bianca e lei ama sperimentare cose nuove, le ho promesso che avrei postato qui una ricetta di torta fatta di recente e scovata sul numero natalizio di Donna Hay Magazine.
Aperta parentesi: il numero di Natale di Donna Hay, a noi lettori dell'emisfero boreale fa riderissimo. C'è il cosciotto glassato e il party in piscina. Ci sono gli uomini in maniche di camicia e le donne coi vestitini leggerissimi e i biscotti a forma di fiocco di neve. E ci sono anche un sacco di ricette per niente natalizie, tipo questo servizio dedicato ai dolci coi mirtilli. Chiusa parentesi.
Io avevo in casa una confezione di frutti di bosco misti surgelati, così ho colto l'occasione per usarli. Li ho scongelati solo in parte, perché avevo gestito male i tempi, ciononostante non hanno colato acqua nel dolce ed è stato come usarli freschi.
Io l'ho servita come fine di un pranzo con l'amico metroicon (che dovrebbe essere il co-autore di questo blog) e ci è piaciuta molto.
Torta di mandorle e frutti di bosco
torta mandorle e frutti di bosco
Ingredienti (per otto/dieci porzioni)
125 gr di mirtilli o frutti di bosco
125 gr di burro fuso
4 uova
240 gr farina di mandorle (o di mandorle, da tritare finemente)
150 gr farina autolievitante setacciata
220 gr zucchero
1 cucchiaino di estratto di vaniglia

Montare le uova con lo zucchero e l'estratto di vaniglia a lungo con le fruste elettriche, finché il composto è gonfio e triplicato di volume. Aggiungere la farina e la farina di mandorle, amalgamare e da ultimo aggiungere il burro fuso.
Versare il composto in una tortiera rettangolare da 20 cm x 30 coperta di carta forno bagnata e strizzata e cospargere con i frutti di bosco. Durante la cottura alcuni di essi tenderanno ad affondare e si ritroveranno al centro dell'impasto.
Cuocere in forno già caldo a 160°C per 50/60 minuti.
Servire cosparso di zucchero a velo e non come nella foto, scattata in tutta fretta come al solito.
In questo lunedì di buoni propositi che svaniranno prima di mezzogiorno devo sbrigarmi a scrivere questo post, prima che si trasformino in zucca come la carrozza di Cenerentola, anche se credo che quasi tutti noi autori e lettori di blog di cucina quando leggiamo carrozza pensiamo per prima cosa alla mozzarella. Io di sicuro quantomeno. Forse perché sono più golosa che romantica.
Comunque sto divagando e più divago e più il post si allunga e se si allunga poi si succedono altre cose e insomma, non lo finisco.
Invece meglio dedicarsi a una breve introduzione e via con la ricetta, che non essendo mia, ma del Cavoletto è di sicura affidabilità. Questa nello specifico viene dal Cavolendario ed è a quello che mi riferivo nel titolo dichiarando "Le voglio fare tutte".
Quella che qui presento è della pagina di febbraio e infatti a febbraio l'ho preparata. Ma siccome a febbraio ho scritto poco, ecco che ve la beccate a marzo, tanto la ricetta di marzo non l'ho ancora fatta, ma ho già ordinato i carciofi che si prevede di utilizzare, perciò probabilmente domenica prossima verrà realizzata, forse poi fotografata e se mi torna la voglia pure postata. In caso contrario i pazienti lettori la possono trovare ovviamente nella pagina di marzo del Cavolendario, che è sicuramente più attraente di questa pagina internet sperduta.
Sto di nuovo divagando. Tornando alla ricetta, specifico solo una cosa: quella originale prevedeva invece della carne trita i fegatini di pollo. Solo che quando il marito li ha visti nel reparto macelleria del super si è tirato indietro e io ho deciso di realizzarlo con la normalissima carne trita di bovino. Vedete voi a vostro gusto, così a noi è piaciuto molto.
Pappardelle al ragù di cioccolato
ragù al cioccolato
Ingredienti per due persone
150 gr pappardelle
100 gr carne trita bovina
1 dl passata di pomodoro
1 bicchiere vino rosso
mezza cipolla affettata finemente
50 gr cioccolato fondente
olio, sale, pepe
un chiodo di garofano intero (non avevo quello in polvere, ce l'ho messo intero e l'ho tolto alla fine)
un pizzico di cannella, noce moscata, peperoncino

Scaldare l'olio in un tegame capiente, aggiungere la cipolla e farla appassire. Aggiungere la carne trita e farla rosolare per qualche minuto. Aggiungere le spezie e sfumare con il vino. Aggiungere infine la passata di pomodoro e cuocere per dieci minuti. Nel frattempo cuocere la pasta in acqua bollente salata. Far sciogliere il cioccolato nel ragù all'ultimo.
Scolare la pasta, riversarla nel tegame del ragù e far saltare per un minuto a fiamma alta.
Ultimamente sembra che io abbia voglia (voglia?) di scrivere solo di schiscette. Tra un po' cambierò il nome del blog in "pausa pranzo" e magari tra parentesi ci metterò anche un'indicazione sul fatto che non c'è da aspettarsi regolarità tra queste pagine virtuali. Non so, un aggettivo tipo "saltuaria" potrebbe andar bene, se non fosse che non c'è nulla di saltuario nella mia alimentazione, anzi.
Oggi mi sono perfino portata un muffin, per non aggredire la parte dolcetti della macchinetta, vediamo se riesco a non cedere al Twix che mi chiama con voce da sirena appena ho finito di mangiare. Tanto la scusa della palestra non regge, specie se riesco ad andarci per varie ragioni solo una volta alla settimana. Ieri per rimediare sarei voluta andare a fare una passeggiata in collina, ma pioveva, così siamo finiti all'Ikea, dove non è che si faccia molto moto, pur comprendendo gli slalom tra divani e lampadari.
Comunque siamo riusciti a spendere solo nove euro, che si sa, all'Ikea è una vera impresa, perciò siamo molto fieri di noi.
Sto divagando. Non so perché, ma mi sento la testa leggera e la pressione bassa. Sarà la primavera o è già arrivata l'ora del mio primo spuntino mattutino?
Come anticipavo a inizio post, anche questa di oggi è una schiscetta. Siccome però è stata anche la mia cena di ieri sera, come al solito, la propongo anche come secondo. Qui la vedete servita in una cocottina (a casa ovviamente avevamo la nostra bella pirofila da mangioni), il che mi fa pensare che in questo tipo di porzioni vada benissimo anche come antipasto per una cena tra amici. Il sapore è piuttosto primaverile, dato dall'origano (ne ho uno biologico profumatissimo) e dai pomodorini e mi sembra adatto per accogliere e incitare la bella stagione che dovrebbe essere ormai alle porte.
La ricetta viene dal libretto Flan, Sformati e Clafoutis, comprato chissà quanto tempo fa e mai utilizzato, ma tirato fuori in questa occasione. Questo dovrei ricordarmelo, per avere un argomento da rinfacciare al marito, quando non ne può più di finire sommerso dai miei acquisti compulsivi di libri di cucina che sembrano giacere inutilmente in libreria.
Clafoutis di pomodorini e ricotta
clafoutis ricotta e pomodori
(foto scattata come al solito sul balcone del quarto piano)
Ingredienti per due persone + una schiscetta
15 pomodorini ciliegia
4 uova
100 gr ricotta
mezzo bicchiere di panna liquida (circa 125 ml)
un cucchiaino di origano secco (la ricetta originale prevedeva l'erba cipollina)
sale e pepe

Scaldare il forno a 180°C. Sbattere le uova in una ciotola, aggiungere la panna e mescolare bene con una frusta. Aggiungere la ricotta, amalgamare bene e da ultimo aggiungere origano, sale e pepe.
Posizionare i pomodorini ben lavati sul fondo di una pirofila imburrata (e una pirofilina a parte per il pranzo del giorno dopo), versarvi il composto e cuocere in forno per 30 minuti.
Oggi alle dodici e mezzo abbiamo l'incontro con l'Amministratore Delegato. L'appuntamento dovrebbe durare un'ora e se tutto andasse come deve, all'una e mezza potrei essere libera per il pranzo. La verità è che so come funzionano queste cose ed essere il terzo appuntamento della giornata significa portare ritardo più di un appuntamento con lo specialista della mutua.
Questo significa non sapere a che ora mangerò e di conseguenza non poter prendere appuntamento per pranzo con nessuno.
Ecco perché ieri sera sapevo che mi sarei dovuta preparare qualcosa da mangiare anche per oggi e mi sono organizzata di conseguenza. Che poi è vero fino a un certo punto e ora spiego esattamente com'è andata.
La ricetta di oggi viene da Cucina Naturale, che ha dedicato un articolo dell'ultimo numero a pranzi da portare in ufficio. Complessivamente l'articolo mi ha convinta poco (e ci sono anche rimasta male, perché è un articolo che adoro), perché prevedeva improbabili contenitori termici o vivande da scaldare e non tutti hanno questa possibilità in ufficio. Però le ricette di per sé non erano male, infatti questa che vedete l'avevo selezionata per una cena veloce in settimana (ieri sono tornata dalla palestra alle otto e mezza, doveva per forza essere una ricetta rapida). Ieri sera, mentre la preparavo ho letto: "Questa frittata è ottima sia tiepida che fredda" e mi sono ricordata di quello che dice Stefano Arturi nel suo Pausa Pranzo: la cosa più semplice è preparare una cena un po' più abbondante e portare come schiscetta quello che avanza. Così mi sono detta: preparo una parte della frittata nella cocottina monoporzione e la porto al lavoro.
E così ho fatto. La frittata ce la siamo mangiata ieri sera per cena con sommo entusiasmo del marito (ho proprio sposato l'uomo ideale: è sempre contentissimo di quello che cucino) e la cocottina attende il suo turno dentro la borsa portapranzo comprata da Stelladisale.
Come consigliava la ricetta, insieme alla frittata (che in questa quantità sarebbe davvero poco sostanziosa) ho portato anche un'insalatina condita con olio e gomasio e un pacchetto di cracker integrali.
Frittata radicchio e feta
(nessuna cocottina è stata fatta cadere dal quarto piano per scattare questa foto)
frittata feta e radicchio
Ingredienti per due persone (cui si può sottrarre un piccolo extra per il giorno dopo)
4 uova
2 piccoli cespi di radicchio (molto piccoli eh, altrimenti ne basta anche metà di uno normale)
80 gr di feta
mezzo bicchiere di latte
olio

Accendere il forno a 200° C. Lavare bene il radicchio e tagliarlo a striscioline. Scaldare l'olio in una padella che possa andare anche in forno e in una cocottina di ceramica termoresistente. In una ciotola sbattere le uova insieme al latte con la frusta a mano e aggiungere la feta tagliata a cubetti. Non occorre salare.
Far appassire il radicchio nella pirofila e nella cocottina e quando ha perso un po' di volume aggiungere il composto di uova, latte e feta. Spegnere il fuoco, trasferire i due contenitori nel forno già caldo e cuocere per 15 minuti.

Ovviamente se non volete portarvi nulla per il giorno dopo basta buttare tutto quanto nell'unica pirofila.
Mi è venuta una pigrizia, ma una pigrizia che non si sa come mandarla via. I lettori se ne saranno accorti: i post ultimamente stanno diventando rarissimi. Il disastro è che non ho nemmeno un grande interesse per la cucina. Non attendo con ansia le riviste a cui sono abbonata, anzi medito di sfoltirle un po'. Non ho interesse a nuovi libri. Non sono rimasta contenta degli ultimi che ho comprato e non li sfoglio volentieri. Non ho desiderio di provare ricette nuove, di allestire i piatti e di fotografarli. E non ho nemmeno voglia di scrivere. Addirittura ho pochissima voglia di guardare i blog altrui. E non riesco a capire l'entusiasmo e la passione che ci mettono, che poi era la stessa che fino a pochi mesi fa ci mettevo io.
L'unico mio desiderio è di raggomitolarmi sul divano con accanto la Pina addormentata e in mano un bel romanzo appassionante e che non concede disturbi. Invece sto in ufficio, alle prese con file excel che incrociano la vista e sbuffo. Non mi sto lamentando del mio lavoro eh, mi sto lamentando della mia pigrizia.
Sono diventata una muffa.
Qualcuno mi dia uno scrollone per cortesia.
Voglio ricominciare ad appassionarmi alle riviste curate, ai blog pieni di ricette sfiziose e foto accattivanti, voglio riappropriarmi del piacere di sfogliare un libro di cucina desiderando di provare tutte le ricette, voglio provare nuovamente la spinta ad apparecchiare il tavolino sul balcone cercando la luce giusta.
Vi prego, qualcuno mi tolga il bromuro dal caffè del mattino.
La ricetta che vi mostro adesso è stata preparata a dicembre. Cioè: la foto che vedete è stata scattata a dicembre. La ricetta è stata preparata più volte a novembre, dicembre, gennaio. La faccio praticamente tutte le volte che ho ospiti, perché trovo che un cestino del pane sfizioso metta sempre di buonumore. E i crackers sono perfetti per un aperitivo tra amici, preparati in quantità insieme a pane e grissini e serviti insieme a salumi, formaggi e salsine permettono di passare direttamente al piatto principale saltando il primo e, visto che si possono preparare con anticipo, permettono alla padrona di casa di passare più tempo a tavola con gli amici (o davanti al forno a curare l'arrosto).
Questi tra l'altro si fanno in men che non si dica e sono "truffaldini", come li chiamiamo a casa nostra, ovvero che non si riesce a fermarsi e più di un ospite ha pronunciato la frase: "Toglietemeli da sotto il naso o li mangio tutti".
La ricetta viene dal libro di Sigrid Verbert Regali golosi e l'unica variazione è che lei li prepara con le alghe, io invece con le erbe di Provenza che mi ha portato mia madre, variante tra l'altro suggerita dalla stessa Sigrid.
Crackers alle erbe di Provenza
crackers alle erbe di provenza

Ingredienti
250 gr di farina
50 gr di burro
2 cucchiai di erbe di Provenza
un cucchiaino di lievito per torte salate
un cucchiaino di fior di sale + altro per spolverizzare
150 ml di acqua (indicativamente)
Setacciare la farina insieme al lievito. Mettere tutti gli ingredienti nel robot, aggiungendo l'acqua poco per volta e formare una palla. Stendere l'impasto con il mattarello il più sottile possibile (io non sono molto brava in questo) e spolverizzare con il fior di sale tenuto da parte, infornare a 180 gradi per 10/15 minuti. 
Sì, il concorso "Aggiungi un blogger a tavola" è finito da un pezzo, ma io lo stesso vorrei parlare di un'amica conosciuta su un blog. Che non è questo blog.
Già, esiste un'altra Lise, che non cucina e che ha una vita fuori dal forno e anche un altro blog in cui non parla di cucina. Una volta era anche una vita movimentata, ora un po' meno. E da quella vita, quel blog, sono nate amicizie bellissime. Amici e amiche sparsi in tutta Italia con cui organizzare feste, aperitivi, pranzi e brunch della domenica. Amici che sono venuti anche al mio matrimonio (in cui eravamo in tutto in 35, per cui non è che facessero mucchio), amici veri. Con uno di questi condivido questo blog, anche se non si vede (vero Metro?).
La June è un'altra di questi amici carissimi. E anche se lei ha smesso di scrivere sul blog, ci vediamo, ci sentiamo, ci scriviamo. Ecco cosa mi scriveva una decina di giorni fa: "Ti propongo una ricetta  - magari per una schiscetta - io l'ho provata a pranzo e devo dire che mi è piaciuta molto. Riso venere con tofu alle mandorle, spinacini e mandorle tostate. Semplicissima. Fai bollire il riso venere, fai saltare il tofu (sesamo e mandorle) e tosti una manciatina di mandorle. Raffreddi il riso e fai un'insalatona condita con olio sale e pepe."
La ricetta sostanzialmente è tutta qui, solo che io non amo il tofu. E' proprio una questione psicologica, perché al ristorante vegano lo mangio, ma non mi viene da comprarlo e tanto meno da cucinarlo. Espressa la mia perplessità all'amica June, lei mi ha suggerito di sostituire con il salmone al naturale.
Ed ecco qui il risultato, fotografato sul balcone dell'ufficio, col sacro terrore che cadesse di sotto dal quarto piano.
Riso venere al salmone
spinach salad with black rice and salmon
Ingredienti per una persona
70 gr di riso venere
una confezione di salmone al naturale, ben sgocciolato
spinaci crudi
una manciatina di mandorle
semi di sesamo (o semi misti, che quelli di sesamo alla coop erano finiti)
olio, sale, pepe
(visto che il condimento era col sesamo io al posto del sale ho usato il gomasio)

Bollire il riso venere in acqua salata, scolare e far raffreddare. Mescolare agli spinaci, al salmone spezzettato e alle mandorle tritate grossolanamente. Condire con i semini, olio, pepe e gomasio (o sale).
Schiscetta perfetta. Grazie June!
Domenica io e il marito abbiamo esultato: "Abbiamo finito il pandoro!"
Eh sì, perché l'anno scorso ci siamo tirati avanti per mesi gli avanzi di dolci natalizi per colazione e non ne potevamo proprio più. Mentre quest'anno siamo stati bravissimi e ne siamo molto fieri. E stasera ricomincio la mia produzione di dolci per la colazione, cosa che mi rende sempre molto felice.
Prima del pandoro però abbiamo dovuto far fuori un panettone di pasticceria gigantesco, regalo di un fornitore. Era buonissimo, davvero, però non ne potevamo più di mangiare solo quello a colazione. Piaceva anche alla Pina devo dire, tanto che facevo sempre una gran fatica a levarglielo dalle fauci.
Ecco perché scrivo questo post. Anche voi lettori siete circondati da montagne di panettoni e non ne potete più? Confesso che l'altra sera ero a cena da una collega che in un angolo ne aveva ammonticchiati almeno cinque. Ma lei ne va pazza sarà contenta così.
Se voi invece avete in un angolo solo una fettina, che non mangiate perché ormai l'avete fuori dagli occhi, perché ormai ci sono in giro i dolci di Carnevale che vi piacciono di più, perché ve ne siete dimenticati... ecco la soluzione: la pagina di gennaio del Cavolendario. Credo siano in pochi quelli che non l'hanno scaricato, ma poi bisogna vedere cosa si fa delle cose che si scaricano. A me per esempio sarebbe piaciuto molto appenderlo in cucina, ma non mi piaceva l'idea di una stampa fatta in ufficio sulla carta per fotocopie che lo avrebbe mortificato. Siccome non ho uno stampatore di fiducia l'ho salvato sul desktop e l'ho lasciato lì. Però di tanto in tanto me lo vado a guardare. E proprio nel mese di gennaio ho trovato la soluzione per far fuori l'ultima fetta di panettone che ormai non lo potevamo più vedere.
Ho usato gli spaghetti al farro al posto dei bucatini, per il resto ho seguito letteralmente la ricetta. E aggiungo una cosa: questo piatto ce lo siamo mangiato un sabato tornati dalla spesa e il condimento si fa senza fatica intanto che bolle l'acqua e cuoce la pasta. Un vero piatto sprint insomma.
Spaghetti con acciughe, arancia e briciole di panettone
spaghetti al farro con briciole di panettone
Ingredienti per due persone
160 gr di spaghetti
4 acciughe sotto sale
mezza arancia
1 fetta di panettone classico di buona qualità (Cavoletto suggerisce Loison, io ne ho usato uno di pasticceria)
1 cucchiaio di capperi sotto sale
1 spicchio d'aglio
olio evo


Dissalare le acciughe e toglierne le lische. In una padella capiente, scaldare un filo d’olio d’oliva, aggiungere l’aglio in camicia e le acciughe e farle sciogliere a fuoco medio. Aggiungere il succo dell’arancia e i capperi dissalati e lasciar cuocere per qualche altro minuto. Spegnere, togliere l’aglio e mettere da parte. Mettere a cuocere la pasta in abbondante acqua salata. Nel mentre, frullare la fetta di panettone fino a ottenere delle briciole, poi farle soffriggere in una padella con un filo d’olio d’oliva fino a quando le briciole non saranno dorate e croccanti. Scolare la pasta al dente, farla saltare per un minuto nella padella con le acciughe e distribuirla nei piatti. Completare con le briciole di panettone e servire subito.
Dopo la fine delle vacanze di Natale sono stata colpita da una pigrizia, ma una pigrizia che non se ne esce più. Mi sto sforzando di scrivere questo post adesso perché so che se aspetto che mi passi posso aspettare mill'anni e invece bisogna darsi una sferzata (lo dice sempre anche Brezny nel mio oroscopo su Internazionale), che probabilmente ci si prende gusto.
Ecco perché pubblico oggi una ricetta senza senso per questa data. Cioè: il pandoro il venti di gennaio? Avrei dovuto postarlo un mese fa almeno! Ma poi ho pensato che tra poco è San Biagio... (rumore di unghie che grattano vetro in sottofondo). Comunque il fatto è questo: quando ho sfornato il pandoro ero così tronfia che pigrizia o meno non potevo tenerlo nascosto al mondo e perciò avrei postato la creatura anche in agosto.
Perciò non mi aspetto che il malaugurato lettore copi la ricetta e stasera si metta lì con lievitino, ma semplicemente che commenti: "oooohhhhh lise, come sei stata bravaaaaaa!"
Il pandoro (anzi, i pandorini, perché ho comprato uno stampo de mezzo e la ricetta che ho è per il pandoro da un chilo) sono stati prodotti nelle vacanze tra Natale e Capodanno, grazie alla tranquillità e al tempo dei giorni di festa (ci vuole una giornata intera per farli, per cui chi volesse cimentarsi si organizzi in modo consono) e portati alla cena di capodanno, dove il primo è stato spazzolato velocemente, benché fossimo tutti pieni da stramazzare.
Io mi sa che il prossimo anno lo rifaccio, lo impacchetto per bene e lo regalo a due amiche.
Pandoro
(ricetta delle Sorelle Simili, tratta da Pane e roba dolce)
Pandoro
Ingredienti totali
450 gr farina di manitoba
135 gr zucchero
170 gr burro
4 uova
18 gr lievito di birra
acqua
1 cucchiaino di sale
1 stecca di vaniglia
+ burro e zucchero per lo stampo
+ zucchero a velo per lo spolvero finale


il lievitino (ingredienti da detrarre dal totale)
15 gr lievito di birra

60 gr acqua tiepida
50 gr farina
1 cucchiaio di zucchero (circa 10 gr)
1 tuorlo
Si mettono gli ingredienti in una ciotola e si sbatte bene fino ad avere un composto amalgamato e liscio. Io ho 

usato il KA con la foglia. Mettere a lievitare in luogo tiepido per circa un'ora, fino al raddoppio.


Si procede quindi al
primo impasto:
aggiungendo al lievitino (ingredienti detratti dal totale):
200 gr farina
3 gr lievito di birra
25 gr zucchero
30 gr burro
2 cucchiaini d'acqua
1 uovo
Come prima cosa aggiungere al lievitino il lievito di birra sciolto nell'acqua tiepida, lo zucchero, la farina e l'uovo (KA con gancio a foglia).A
malgamare bene (io qui ad un certo punto sono passata al gancio). Quando è ben amalgamato si unisce il burro, un po' per volta e si lavora ancora fino a che il composto non sarà omogeneo. Lasciar lievitare coperto in luogo tiepido fino al raddoppio, circa 45'.


secondo impasto:
aggiungere al primo impasto (ingredienti detratti dal totale)
200 gr farina
100 gr zucchero
2 uova
1 cucchiaino di sale
i semini di una stecca di vaniglia

140 gr burro a temperatura ambiente per sfogliare

Unire le uova, lo zucchero, la farina, il sale, la vaniglia. L
avoriamo bene l'impasto fino a che non sarà ben amalgamato. Io ho usato il gancio del KA e ci ho anche messo un sacco di tempo, giuro che ho temuto di fondere il motore. Ad un certo punto mi sono rassegnata, non incorda benissimo, ma poi ho letto anche da cavoletto che anche nel suo caso non era un impasto liscio. Mettere in una ciotola unta di burro e  lasciar lievitare coperto circa 1 ora, 1 ora e mezza fino al raddoppio. Dopo questo tempo riporre in frigo per 30'-40' (viste le temperature esterne io l'ho messo sul balcone) poi posarlo sulla spianatoia e lavorarlo un po' tirando la pasta in un quadratone. Mettere in mezzo il burro ammorbidito, richiudere a busta per racchiudere il burro e spianare delicatamente col mattarello fino ad ottenere una lunga striscia da ripiegare in tre come la pasta sfoglia. Lasciare in frigo a riposare per una ventina di minuti (questo tempo non è vincolante: se si vuole si può lasciare anche di più).
Ripetere l'operazione per altre due volte, facendo ogni volta riposare l'impasto in frigo per venti minuti.
A questo punto io ho tagliato l'impasto a metà, se voi avete uno stampo da pandoro normale non occorre. Con le mani unte di burro a formare una palla facendola ruotare sulla spianatoia e rigirando i bordi verso una parte in modo da "chiuderla" e mettere questa palla (con la parte liscia verso il fondo dello stampo) nello stampo da pandoro ben imburrato.
Far lievitare in luogo tiepido fino a che la pasta non arriva al bordo dello stampo (io ci ho messo tutta la notte, per quello dicevo che occorre organizzarsi per bene).
Infornare a 170° per 10' e poi a 160° per altri 10'.
Servire spolverizzato di zucchero a velo.

Sentirsi degli eroi.
Non so voi, ma io durante le vacanze natalizie ho cucinato come una pazza. Il giorno di Natale la luce è saltata due volte a causa del sovraccarico di elettrodomestici in funzione. Ma anche nei giorni prima e dopo ho fatto andare parecchio il forno. Ad esempio mi era rimasto in sospeso un regalino da consegnare ad una collega, che era andata in trasferta proprio nei giorni precedenti il Natale e così il 27 le ho portato una scatola piena di biscotti che so che lei apprezza molto (e anche un braccialettino colorato, giusto perché le restasse qualcosa). Devo dire che quello che mi piaceva proprio più di tutto era la scatola di cartone, reperita dal mio solito colorificio di fiducia, montata a mano (ci ho messo un po' a capire tutti i tratteggi e come dovesse essere montata) e chiusa con un bellissimo nastro di raso verde, sembrava davvero un regalo di lusso. Dentro ci ho messo le Zimtsterne fatte da me, in un momento in cui tutto mi sembrava possibile (il momento è durato fino a domenica scorsa quando mi sono lanciata con la produzione di macarons e ho scoperto che no, non proprio tutto è possibile). Ne avevo parlato con la mia vicina di scrivania, anche lei grande produttrice e dispensatrice di biscotti per Natale (quelli che mi ha regalato lei, speziati e decorati erano buonissimi), che tra l'altro ha trascorso parte dell'infanzia in Germania e conosce bene questi biscotti. Tutte e due eravamo un po' intimorite da questa preparazione e paventavamo impasto di mandorle appiccicato per tutta la casa fino al soffitto. Invece no, si vede che la sola farina di mandorle incolla bene con l'albume, molto meglio di quanto farebbe insieme alla farina di grano e la manipolazione e l'intaglio sono stati abbastanza agevoli.
Anche la glassa mi intimoriva un po', invece si stende facilmente con un coltello come fosse nutella sul pane, l'unico inconveniente è che ci mette davvero tante ore ad asciugare, basta saperlo e organizzarsi per tempo.
Quindi eccole qui, uno dei miei piccoli trionfi invernali, che penso verrà ripetuto anche il prossimo anno.
Zimtsterne (stelline alla cannella)
(ricetta tratta dal pdf "Regalini Golosi" di Cavoletto di Bruxelles)
Zimtsterne
(perdonate la foto, non so perché sia venuta così gialla)
Ingredienti
200 gr mandorle in polvere
150 gr zucchero
2 albumi
1 cucchiaino cannella macinata
mezzo cucchiaino di miscela quattro spezie 
per la glassa:
70 gr zucchero a velo
 un cucchiaio abbondante di albume (avanzato dalla preparazione dei biscotti)
Mescolare le mandorle, lo zucchero e le spezie. Montare a neve circa un albume e mezzo (tenendo da parte quello che avanza per la glassa). e aggiungerlo gradualmente, mescolando, e giusto abbastanza per ottenere un composto compatto (potrebbe avanzarne).
Spolverare il piano di lavoro con un po’ di farina o zucchero a velo, deporci l’impasto e stenderlo a 1 cm di spessore con il mattarello. Con un tagliabiscotto a stella ritaliarci le stelline e disporle su una teglia  rivestita con carta da forno. Passare al forno a 150° per 10-15 minuti: non diventono dorati, e si solidificheranno raffreddando. Sfornare e lasciar raffreddare su una griglia.
Preparare la glassa: montare a neve l’albume e aggiungerlo poco a poco allo zucchero a velo fino a ottenere una glassa piuttosto consistente, appena liquida. Con un coltellino, spalmare un po’ di glassa su ogni stellina e lasciar asciugare (la glassa si rapprenderà rimanendo brillante). 
Cavoletto dice che le Zimtsterne si conservano a lungo. Io le ho viste sparire nel giro di un giorno e mezzo.