Prometto che questa è l'ultima ricetta che vi propino tratta da Cucina Naturale di febbraio. Sì, perché ieri ho trovato in edicola il numero di marzo e tra poco mi metterò a sperimentare le nuove ricette. Intanto ieri ho provato un'ennesima variante dello strudel di radicchio, con la pasta fatta da me e la scamorza nell'impasto, ma direi che ve la risparmio per non farvi morire di noia.
Quello che vi presento invece è un tortino (senza farina) di cavolfiore. La ricetta originale prevedeva l'aneto, io non so dove le massaie odierne vadano a prendere l'aneto onestamente, a meno che non se lo coltivino da sé sul balcone di casa, che io al supermercato non l'ho mai visto, né fresco, né secco. Insomma, io l'aneto non ce l'ho messo e non ci ho messo neanche il pecorino (però ci ho messo il parmigiano), comunque mi è sembrata un'ottima soluzione per una cenetta vegetariana e quindi eccolo qui.
Una precisazione: quelle che si vedono nella foto sono olive, non lamponi (rido moltissimo).
Tortino di cavolfiore
(ricetta di Cucina Naturale di febbraio)
cavolfioregratinato
Ingredienti per due persone
cimette di mezzo cavolfiore circa
2 uova
30 gr di parmigiano grattugiato
una manciata di olive verdi snocciolate
1/2 bicchiere di latte
olio, sale, pepe

Lessate le cimette di cavolfiore per 10/15 minuti, in modo da renderle morbide, scolatele e schiacciatele con una forchetta. Tritate le olive e rosolatele per pochi minuti in una padella con un filo d'olio. Aggiungete il cavolfiore, lasciatelo insaporire per 5 minuti, poi aggiungete una presa di sale e una macinata di pepe. Levate dal fuoco e lasciate intiepidire.
Battete le uova insieme al latte e al formaggio. Rivestite una pirofila con carta forno, adagiatevi il cavolfiore, quindi ricopritelo con le uova. Infornate a 190° per 25 minuti circa. Servite caldo o tiepido.
L'altro giorno ero a pranzo in un bar/gelateria con il moroso e accanto a noi due colleghe avevano preso un semplice piatto di verdure bollite.
"Che dietetiche!" ha commentato il moroso addentando la sua piadina.
Poi le due hanno ordinato il caffè e si è svolto il seguente dialogo.
Collega1: "Io prendo un caffè in tazza grande con la panna"
Barista: "E sopra?"
Collega1: "La cannella"
Collega2: "Per me un caffè normale"
Barista: "Con la panna?"
Collega2: "Sìsì, con la panna"
Barista: "E la cannella?"
Collega2: "Certo!"
E così il barista è arrivato con due tazzone piene di panna, in cui forse c'era un po' di caffè, una bella spolverata di cannella e infilato dentro pure un biscottino, mentre io e il moroso strabuzzavamo gli occhi al concetto di caffè normale.
Mi par giusto, in questo contesto, presentarvi la torta preparata in occasione del pranzo degli ingrati, che in questo caso non hanno avuto da dire per la torta in sé ma per come il moroso la tagliava (lo giuro).
La ricetta è tratta da Cucina Moderna di febbraio, io l'ho solo modificata un po': la ricetta originale prevedeva la decorazione con le scorzette d'arancia, io ho preferito sostituirle con fettine di arancia nello sciroppo: altrettanto scenografiche e molto meno impegnative.
La foto è bruttina, ma la torta fa la sua figura e mi sento di consigliarla, anche se è un po' più impegnativa delle mie produzioni abituali.
Crostata arance e cioccolato
torta_arance
Ingredienti
Per il guscio di cacao:
275 gr di farina
45 gr di cacao in polvere
150 gr di burro
2 cucchiai di zucchero
un pizzico di sale
Per la crema e la guarnizione:
5 uova
4 arance non trattate
200 gr zucchero
125 gr di panna fresca

Setacciate la farina con il cacao e una presa di sale. Unite il burro a dadini, lo zucchero e lavorate fino a ottenere una consistenza sabbiosa. Aggiungete poco alla volta mezzo bicchiere di acqua ghiacciata, formate una palla e passatela al mattarello dopo averla inserita tra due fogli di carta forno. Mettete l'impasto in frigo per almeno un'ora. Foderate uno stampo antiaderente a cerniera di 22-24 cm e ritagliate la pasta eccedente. Coprite con carta forno, riempite con i pesi e cuocete per 20 minuti a 200°C.
Sbattete le uova con metà dello zucchero, unite la scorza grattugiata di due arance, poi spremetele e unite poco succo alla volta. Incorporate la panna, versate la crema nel guscio e cuocete a 160°C per 45 minuti.
Spremete un'arancia, filtrate il succo, unite il resto dello zucchero e scaldate lo sciroppo in un pentolino, facendolo addensare. Lavate bene l'ultima arancia, affettatela senza sbucciarla, posizionate le fette sulla torta e cospargete con poco sciroppo.
Quando venerdì scorso ho annunciato che la sera sarei andata a un corso di zuppe della Cucina Italiana non sono stata precisa. Ci sono andata sì (la zuppa gallurese! non vedo l'ora di rifarla!), ma anche sabato ero lì per un corso di dolci lievitati, durato dalle nove e mezza del mattino (che levataccia) fino alle quattro e mezza del pomeriggio, senza quasi interruzioni. Mi è piaciuto un sacco, non vedo l'ora di riprodurre a casa alcune delle ricette che ci hanno insegnato (il kranz comunque no, non se ne parla proprio). Ho perfino tirato la sfoglia, chissà che d'ora in poi io non diventi una produttrice di pasta sfoglia casalinga.
Inoltre ho anche conosciuto delle ragazze simpaticissime, tra cui anche una food-blogger (il mondo è piccolo), con un blog delizioso dedicato al riciclo degli avanzi, che ho già inserito nella mia bacheca.
In onore della nuova conoscenza, che spero di reincontrare presto, ho dato una risposta alla domanda: "Cosa si fa con gli albumi avanzati?" (credo che nel corso abbiamo avanzato qualcosa come dodici albumi). Mentre tutti rispondevano "le meringhe" io ho risposto "i brutti e buoni".
Certo, come riciclo è un po' lussuoso, ma a me le meringhe non piacciono molto e questi dolcini danno una soddisfazione tale che non esito a proporveli.
C'è anche da dire che il nome mi fa molto gioco, così non mi devo neanche scusare per la foto orribile (che volete, a Milano c'è un tempo che non si distingue la notte dal giorno).
Faccio una precisazione: quelli che vedete nella foto sono enormi e hanno una forma assurda. Le ragioni sono due: la prima è che ci andavano più nocciole e mandorle, ma io di più non ne avevo, la seconda è che per fare i primi ho usato un cucchiaio e questo spiega le dimensioni assurde. Quando me ne sono resa conto ho usato un cucchiaino e infatti erano più dignitosi, ma non ho potuto fotografarli in quanto trovasi ormai dentro la pancia dei genitori e del fratello del moroso.
La ricetta l'ho trovata su Sale e Pepe di marzo 2009 e l'ho riadattata, perché l'avevo già provata una volta e non ero rimasta perfettamente soddisfatta. L'originale cuoce la meringa a bagnomaria e usa più zucchero di quanto ne piaccia a me. Il resto delle dosi è invece perfetto e mi rammarico di non aver avuto più mandorle e nocciole: sarebbero venuti ottimi.
Brutti e buoni
brutti e  buoni
Ingredienti
150 g di mandorle pelate e tostate (io ne ho usati 100 gr)
150 g di nocciole tostate (io ne ho usati 100 gr)
200 g di zucchero
3 albumi
un cucchiaino raso di cannella in polvere
nocciole e mandorle a lamelle a piacere per decorare

Tritate grossolanamente le mandorle con le nocciole e metà dello zucchero. Montate gli albumi a neve con le fruste elettriche,incorporando man mano lo zucchero rimasto per ottenere una meringa lucida e soda. Amalgamate alla meringa il trito di frutta secca e la cannella, mescolando con movimenti delicati dal basso verso l'alto. Formate dei dolcetti del diametro di 3 cm con un cucchiaino direttamente su una piastra coperta di carta forno, decorate con una nocciola e qualche lamella di mandorla e cuocete nel forno caldo a 140° per 30 minuti.

Nota: so che molti credono che questo sia un dolcetto tipico piemontese, ma in realtà provengono da Gavirate, in provincia di Varese (lo giuro: gli zii del moroso sono di Gavirate e ce li portano sempre), come potete vedere dal link che vi ho messo sopra.
E' buffo come certe ricette abbiano la capacità di infiammare la blogosfera e di propagarsi a macchia d'olio un po' dappertutto, come se le cucine fossero sintonizzate. Ed ecco che tutte insieme ci mettiamo a infornare crinkle, cakes salati o frittelle: una specie di allegro flash-mob dei fornelli.
Una delle ricette che recentemente ha entusiasmato molte persone è la zuppetta detox di Alessia, che subito dopo si è vista anche da Sweetcook e forse anche da altre parti dove a me è sfuggita. E ora, come i miei dieci lettori avranno intuito, sta per vedersi anche qui.
La ricetta mi aveva colpito subito per varie ragioni. La prima è che da quando ho il frullatore a immersione finalmente anch'io sono entrata con entusiasmo nel magico mondo delle vellutate, che del resto ho sempre amato e che mangerei tutte le sere (tra l'altro stasera frequenterò un corso della Cucina Italiana dedicato alle zuppe invernali, perciò stay tuned se l'argomento interessa). La seconda è che amo i finocchi e infine ero incuriosita dall'uso dell'uvetta, che mai e poi mai avevo visto dentro una zuppina.
Insomma, mi parevano motivi sufficienti per sperimentare questa ricetta, naturalmente sempre in una delle mie serate in solitaria, perché il moroso con queste non si sazia mica.
Io invece sì e con molta soddisfazione!
Zuppetta detox ai finocchi e spinaci
zuppetta detox
Ingredienti per 1 persona

60 gr di spinaci freschi
200 gr di finocchi
1/2 cipolla bionda di piccole dimensioni (o 1/2 scalogno grandino)
1/2 cucchiaio di uvetta sultanina
un filo d'olio extravergine d'oliva
300 ml di brodo vegetale
10 gr di parmigiano a scagliette

Ammollate l'uvetta in una ciotolina di acqua tiepida per 15 minuti. Nel frattempo, mondate gli spinaci e lavateli con cura. Sbucciate e affettate la cipolla (o lo scalogno). Lavate anche i finocchi, privateli delle parti legnose o scure (avendo cura di conservare qualche barbina per la decorazione) e riduceteli a spicchietti.
In una piccola casseruola, appassite dolcemente la cipolla con un filo d'olio per 7-8 minuti, mescolando di frequente e bagnando con qualche cucchiaio di brodo bollente per evitare che si attacchino al fondo. Aggiungete gli spinaci spezzettati e i finocchi a spicchietti, lasciateli insaporire qualche istante, quindi versatevi il restante brodo, portate a ebollizione, coprite con un coperchio e cuocete per 15 minuti.
Quando le verdure sono cotte (devono risultare tenere infilzandole con una forchetta), frullatele con il minipimer: se il tutto dovesse risultare ancora brodoso, mettetelo sul fuoco e fatelo restringere finchè non si addenserà; se invece dovesse risultare un po' troppo asciutto, allungate con un po' di acqua calda e fate amalgamare, sempre sul fuoco. Regolate infine di sale. Versate la crema in una ciotola, cospargetela con l'uvetta ammollata e ben asciugata, e il parmigiano a scagliette. Decorate con le barbine del finocchio tenute da parte e servite.
Chi mi conosce da tanto sa che do i nomi agli elettrodomestici. Ho cominciato con la macchina per il caffè, azzeccatamente battezzata Cesira e con la quale siamo amicissime, quasi sorelle. Poi c'è Rodrigo il frigo, Alvaro il forno, Matilda la televisione, Cirillo lo stereo e, quasi ultimo arrivato, Gustavo il Kitchen Aid. Ultimissima di casa, regalo di Natale del moroso, Rosetta: la macchina del pane (il nome gliel'ha trovato lui). Ecco, la Rosetta ha il difetto che deve essere maneggiata con molta organizzazione, perché i programmi durano all'incirca tre ore (sì, ci sono anche quelli rapidi, ma coi programmi interi viene tutto più buono), ma con la farina di cereali misti e i semini vari comprati al Naturasì viene fuori un pane entusiasmante che il moroso giudica migliore di quello di Princi.
L'altro giorno mi è successa una cosa che molte foodblogger giudicherebbero drammatica. Mi è finita la farina. O meglio mi è finita la farina 00, perché invece in casa si trova ancora una bella provvista di farine integrali, di ceci (ancora da usare), di grano saraceno e la manitoba. Ma io volevo un dolcino semplice, normale, non integrale (magari la prossima volta) e non mi sembrava il caso di farlo con la manitoba. A meno che... non lo facessi a mò di pane.
Ecco che allora ho tirato fuori il lievito di birra fresco comprato sempre al Naturasì e prossimo alla scadenza (ma perché compro le cose in preda agli entusiasmi e poi me ne dimentico?), i soliti ingredienti dei dolci di tutti i giorni e ho messo al lavoro la Rosetta.
C'è da fare una precisazione: io ho usato come base per procedere un libretto allegato alla macchina del pane e quindi le proporzioni degli ingredienti vengono da lì. A posteriori direi che secondo me le dosi della farina erano insufficienti (mi era anche venuto il sospetto tra l'altro, perché invece sulle istruzioni della macchina, al programma dei dolci le quantità erano ben più alte). Il risultato è un dolcino basso e un po' compatto, ma è davvero buono. Vi dico solo che stamattina l'ho portato in ufficio e la Leggiadra se ne è mangiata due fette e poi mi ha implorato di metterlo via perché altrimenti ne avrebbe mangiato ancora.
Ecco perché non esito a proporlo, cogliendo anche l'occasione per mostrare un acquisto recente. Sempre per continuare quel discorso di come spendono i loro soldi le foodblogger: sabato scorso sono capitata in un negozietto delizioso di via Pier della Francesca (a Milano), pieno di accessori leziosetti per la tavola, che avrei portato a casa praticamente in blocco. Siccome erano mesi che cercavo un'alzatina, non mi sono fatta sfuggire l'occasione di portarmi a casa quella in vendita e il mio cuore (e il portafogli) è caduto miseramente davanti a un adorabile cestino del pane che è inspiegabilmente finito nel sacchetto degli acquisti. E comunque non sono pentita: sulla tavola, con il pane a fette fa la sua bella figura.
Pandolce miele e noci
pandolce
Ingredienti
100 ml di acqua
270 gr di farina forte (per avere un dolce più alto se ne possono usare 350)
80 gr di zucchero
3 tuorli
60 gr di burro morbido
2 cucchiai di olio (io ho usato quello di riso)
1 cucchiaino di sale
1 cucchiaino di cannella
1 cucchiaio di miele
1 manciata di noci sbriciolate grossolanamente
30 gr di lievito di birra sciolto in poca acqua insieme a un cucchiaino di zucchero

Inserire nel cestello della macchina del pane l'acqua, l'olio, i tuorli d'uovo, il sale e lo zucchero. Versare la farina setacciata e completare con il lievito. Posizionare il cestello nella macchina e avviarla con il programma per i dolci (nella mia è il 4), peso 750 gr., crosta scura. Cinque minuti dopo l'avvio dell'impasto aggiungere il burro spennellandolo sull'impasto (in realtà io l'avevo tirato fuori dal frigorifero troppo tardi e l'ho aggiunto a tocchetti, ma questo non ha pregiudicato il buon risultato del dolce). Al momento del beep dell'aggiunta ingredienti aggiungere il miele, le noci e la cannella.
Vedrete che a fine cottura per tutta la casa ci sarà un piacevolissimo profumo di miele.

Il risultato adesso è che in casa, oltre a non avere più la farina non ho neanche più uova né burro e nemmeno il latte. Che c'entra il latte, direte voi, che in questa ricetta non ci va? Ah, quello l'ho usato per fare il mio primo yogurt, ne sono super entusiasta, ve lo mostrerò a breve.
Non sono una romantica e non mi è mai interessato festeggiare San Valentino con cene fuori e regali, ma mi piace l'idea di una cosa intima solo tra noi due e infatti da quando sono insieme all'attuale moroso l'abbiamo sempre risolta con una cenetta speciale preparata da me. Quest'anno però, cadendo di domenica lui ha ben pensato di invitare i suoi da noi per pranzo, facendo cadere qualsiasi velleità romantiche, tanto che poi me ne sono andata a cena da un'amica. Anche perché chi è che aveva la forza di mettersi nuovamente ai fornelli dopo due giorni di spignattamento e essersi sentita dire che la pasta non sapeva di niente e la carne era cruda? (e comunque a me l'arrosto piace un po' rosato dentro).
Però volevo lo stesso un piccolo momento solo per noi due, così ho scelto la colazione, unico attimo di pace prima dell'arrivo della brigata.
Li ho preparati venerdì sera, mentre lui era fuori con gli amici e glieli ho messi sul tavolo domenica mattina, sopra la tovaglia nuova mentre lui ancora dormiva (io ero in piedi dalle sette e mezza per preparare il pranzo agli ingrati) e quando si è svegliato è stato un bel momento felice.
La ricetta viene da un numero di Cucina Moderna serie Oro dedicato a crostate e biscottini, che prevedeva nell'originale farina di mandorle (da me sostituita con quella di nocciole) e marmellata di lamponi (io ho usato quella di ciliegie), per cui mi riprometto di provare la versione originale quanto prima.
Biscotti di San Valentino con nocciole e marmellata
biscotti_di_sanvalentino
Ingredienti
300 gr di farina
80 gr di farina di nocciole
125 gr di zucchero
125 gr di burro ammorbidito
2 uova
1 cucchiaino di lievito
1 cucchiaino di cannella
1 pizzico di sale
marmellata di ciliegie

Setacciare la farina con il lievito e la cannella e aggiungervi la polvere di nocciole e lo zucchero. Amalgamare il burro morbido e le uova, infine aggiungere il sale. Stendere la pasta con il mattarello tra due fogli di carta forno e far riposare per almeno mezz'ora in frigorifero. Trascorso il tempo accendere il forno a 180°C e ritagliare con una formina a cuore l'impasto. Praticare un foro a forma di cuore in metà dei biscotti con una formina più piccola e cuocere su una teglia ricoperta di carta forno per circa 10 minuti. Vengono circa due teglie (io in realtà ne ho fatta solo una coi cuori, l'altra l'ho fatta con altre formine). Far raffreddare i biscotti su una gratella e quando sono tiepidi accoppiarli con un velo di marmellata di ciliegie.
Purtroppo devo ammettere che non si conservano molto bene: la marmellata li rende mollicci e quindi sarebbe meglio finirli subito.

Mi sono accorta che sabato questo blog ha compiuto un anno. Sono rimasta stupita di vedere quante ricette nuove ho sperimentato grazie allo stimolo del blog e quante cose ho imparato dai suggerimenti di coloro che leggo e coloro che mi leggono. Grazie a tutti voi per aver reso i miei pasti più saporiti!
L'altro giorno si commentava scherzosamente col moroso che da quando sono andata a vivere con lui esco molto meno la sera e non frequento più "locali pieni di minorenni" (mamma mia com'è vero, io alla loro età alle undici ero già sotto le coperte, loro si preparano per uscire) e lui ha commentato che questo è un ottimo modo per risparmiare.
"Non so", ho commentato, "adesso sto a casa a cucinare e riempio la casa di libri di cucina."
E lui: "Ma i libri di cucina ti restano, mentre un gin lemon dopo che l'hai bevuto è andato."
E io: "Ma sai quanti gin lemon mi potevo bere con i soldi che ho speso per l'Artisan?"
Che poi a me neanche piace il gin lemon. Comunque questa cosa dei libri di cucina è vera: recentemente, scatenata dal 3x2 di Bol.it, ne ho ordinati un sacco, spendendo delle cifre vertiginose che una volta avrei destinato a un paio di scarpe col tacco (giuro, ieri in un outlet ho visto un paio di scarpe di Jimmy Choo che costavano come le mie ultime spese libresche, peccato che non avessero il mio numero, erano deliziose).
Be', insomma, visto che tanto non avrei saputo dove andare con ai piedi un paio di sandali fucsia (non è vero, ma in qualche modo devo pur consolarmi), tanto vale sfruttare i libri che abbondano tra i miei scaffali.
Tra questi troneggia Classici moderni vol. 2 di Donna Hay, che onestamente desideravo da un sacco e che avevo anche regalato a una zia per Natale.
Così l'altra sera, che avevo il forno ancora caldo per averci cotto il pesce, finita la cena l'ho tirato fuori e mi sono messa a preparare questi tortini, che secondo me avrebbero bisogno di alcuni aggiustamenti, ma che sono venuti buonissimi lo stesso. Il moroso dice che sanno di "brutti e buoni". Io purtroppo a colazione ne posso mangiare solo mezzo, non vi dico, ora che sono qui col mio the verde senza zucchero, quanto stia sognando l'altra metà!
Tortini al caffè di Donna Hay
tortini al caffè di donnahay
Ingredienti
100 gr di burro ammorbidito
225 gr di zucchero (a posteriori direi che non ne metterei più di 200)
3 uova
170 gr di farina
2 cucchiaini di lievito
30 gr di nocciole in polvere
1 tazzina di caffè

Buttare tutti gli ingredienti dentro l'artisan (in qualche modo lo dovrò pur sfuttare, ora che ho smesso di bere i cocktail) e impastare finché non si amalgamano. In mancanza, si può comunque impastare tutto dentro una ciotola qualsiasi con un cucchiaio di legno. Versare l'impasto in 10 stampi da muffin da 125 ml e cuocere per 20 minuti in forno già caldo a 180°C.
Attenzione: verificate bene la capienza dei vostri stampi da muffin. I miei erano più piccoli e parte dell'impasto, crescendo, è colata sul fondo del forno. A posteriori direi che vengono fuori dodici tortini con gli stampini da muffin tradizionali italiani.
La ricetta completa prevedeva di versarci sopra una ganache al cioccolato. Io non ho neanche in casa la panna per fare la ganache e tanto non mi pareva il caso di aggiungere ulteriori calorie a questi dolcetti che già mi paiono ben provvisti anche così. E poi sono buoni lo stesso.
Come ho già raccontato in giro, sono veramente impedita a friggere. Forse lesino sull'olio, forse non sono abbastanza tempestiva, fatto sta che qualsiasi cosa io tenti di friggere mi si attacca disperatamente alla pentola compromettendo il risultato. Non me ne affliggo però particolarmente, visto che non vado matta per i fritti, né dolci né salati.
Così, quando ho visto questa ricetta su Cucina Moderna di febbraio, ho subito deciso che non avrei fritto le polpette, ma le avrei cotte al forno. Risparmiando così una discreta dose di calorie, visto che mi sono limitata a stendere un foglio di carta forno sulla teglia e non ho messo nemmeno un goccio di olio. Del resto mi sembrava che la preparazione fosse già abbastanza grassa di per sé, con tutti questi formaggi. Eppure ultimamente la bilancia mi sta premiando: sono riuscita a tornare al peso che avevo dopo l'estate, che va bene, è solo due chili meno di dopo le feste di Natale, ma è comunque una piccola soddisfazione.
Chi invece rischia di metter su troppo peso è la Pina, ingorda più che mai e agguerritissima nei confronti dei nostri piatti, dai quali cerca sempre di rubare dei bocconi, che si tratti di carne, pesce, verdura, pasta o dolci. E' una dura lotta, per di più il moroso la lascia fare, così non c'è verso di educarla.
Però è tanto carina!
pina riposa sul cuscino
Per lei ieri sera ho cucinato un filetto di nasello al forno, avanzato da quelli che avevo cucinato per noi, insieme a qualche foglia di spinaci e ho allungato il tutto con un po' d'acqua. Gli spinaci stranamente li lascia da parte (ma come e quando li mangiamo noi perché ce li ruba?), ma il nasello se l'è pappato con molto piacere!
Ma dicevamo delle polpette.
Polpette al formaggio
polpette al formaggio
Ingredienti per due persone
75 gr di mozzarella a treccia
50 gr di parmigiano
2 pacchetti di cracker (la ricetta originale suggeriva il pane, ma io l'avevo finito)
1 uovo
1/2 bicchiere di latte
sale
una spolverata di noce moscata
farina per rotolarvi le polpette (a posteriori direi che il pan grattato ci starebbe meglio)

Mettere tutti gli ingredienti secchi nel mixer con le lame e frantumare, dopodiché aggiungere l'uovo e il latte per amalgamare il tutto. Formare con il composto delle palline della dimensione di una noce e rotolarle nella farina (o nel pangrattato). Posizionarle in una teglia rivestita di carta forno e cuocere in forno caldo a 180°C per un quarto d'ora.
Ebbene sì. Le mele gialle sono un terribile simbolo della mensa delle elementari, quando erano l'unico frutto a disposizione. Erano tristi, bitorzolute e per niente croccanti e io detestavo la mensa, perciò da allora non ne ho più volute mangiare e me ne tengo sempre a distanza. Ci sarebbe da chiedersi perché allora le ho ordinate quando le ho viste nell'elenco della frutta disponibile al gruppo d'acquisto. La verità è che non c'erano altri tipi di mela e io ero stufa di ordinare solo arance e mandarini.
Me ne sono pentita subito dopo aver aperto il sacchetto, mi sarei data dei pugni in testa. Per fortuna è venuta in mio soccorso una raccolta del meglio di Sale e Pepe dedicata ai dolci alle mele, uscita lo scorso dicembre. Me ne ero perfino dimenticata, visto che io compro le cose così, a casaccio, per fortuna un collega mi ha chiesto se per caso ce l'avessi e se potevo prestarglielo ed ecco che prima di portarlo a lui ne ho cavato questa (che ha pure il pregio di impiegare pochissimo burro):
Torta con mele grattugiate
tortamorbidadimele
Ingredienti
140 g di farina 00

3 uova
35 g di burro
110 g di zucchero
zucchero a velo
5 g di lievito vanigliato in polvere per dolci
1 cucchiaio di cannella in polvere
2 mele
un pizzico di sale

Sgusciare le uova in una ciotola, aggiungere lo zucchero e montare con la frusta elettrica, fino a ottenere un composto chiaro e spumoso. Incorporare quindi gradualmente la farina setacciata con il lievito e il sale e la cannella. Sciogliere il burro a fuoco bassissimo, lasciarlo intiepidire, aggiungerlo al composto e mescolare con cura.  Sbucciare le mele, eliminare il torsolo e grattugiarle con la grattugia a fori grossi, facendole cadere direttamente nel composto. Foderare con carta da forno bagnata e strizzata lo stampo a cerniera di 20 cm di diametro, versare il composto preparato e cuocere in forno già caldo a 180 °C per circa 40 minuti. Spolverizzare con zucchero a velo, una volta che la torta si è raffreddata.

PS: la ricetta originale prevedeva l'uso della buccia di un limone grattugiata al posto della cannella.
Sono autenticamente entusiasta dell'ultimo numero di Cucina Naturale, dal quale ho già realizzato diverse ricette e altre ne ho in programma (che per una che compra libri e riviste solo per il piacere di sfogliarli, come se fosse da un parrucchiere perenne è un vero record).
La ricetta che vado a presentare oggi è infatti tratta da lì per quanto riguarda la prima versione e ci è piaciuta talmente tanto che l'ho riproposta nel giro di pochissimi giorni con una variante, un po' per far fuori quel cespo di radicchio che avevo usato solo a metà e un po' anche perché non è solo buona ma anche molto pratica: l'ho infatti preparata la sera prima e il moroso si è solo dovuto occupare di metterla nel forno mentre tornavo dalla palestra, così da avere una bella cenetta sfiziosa anche con poco tempo.
Sono queste le cose che mi fanno sentire una massaia realizzata (rido moltissimo).
Strudel di radicchio (ricetta originale di Cucina Naturale, febbraio 2010)
strudel_radicchio
Ingredienti (sulla ricetta c'era scritto per sei persone, noi ce lo siamo ehm... mangiato in due)
un rotolo di pasta sfoglia pronta
mezzo cespo di radicchio
1 piccola cipolla rossa (io non l'ho messa perché non l'avevo)
una manciata di uvetta
una manciata di pinoli
due cucchiai di olive verdi
olio evo
sale e pepe

Preriscaldare il forno a 180°C.
Ammollare l'uvetta in una tazza di acqua tiepida. Affettare sottilmente la cipolla e farla rosolare in una padella con l'olio per qualche minuto, rigirandola spesso per non farla imbiondire. Aggiungere il radicchio lavato e tagliato a striscioline sottili e le olive denocciolate. Far cuocere per circa otto minuti e aggiungere l'uvetta sgocciolata e i pinoli. Continuare brevemente la cottura per amalgamare i sapori.
Stendere il rotolo di pasta sfoglia, e riempirlo con il ripieno di radicchio. Chiudere la sfoglia formando uno strudel, da appoggiare su una teglia ricoperta di carta forno con la chiusura verso il basso.
Cuocere in forno per venti minuti.

Strudel di radicchio (versione Lise)
strudel_radicchio_mozzarella
In questa versione mancano uvetta e pinoli, mi sono quindi limitata a saltare il radicchio con le olive. Ho poi aggiunto una mozzarella tagliata a tocchetti al momento di formare lo strudel, che in cottura si è piacevolmente fusa.

Minisuggerimento decorativo: vedrete che al momento di chiudere la sfoglia, specie se avete comprato quella rotonda, vi avanzerà della pasta in cima e in coda. Io ho steso quella pasta a parte, invece di lasciarla e l'ho tagliata con un coppapasta, così poi ho applicato dei minidecori a cuoricino sullo strudel (forse il fiore sarebbe stato meglio, ma non l'avevo).
Dopo gli stravizi di domenica, bonariamente sbeffeggiati da lei, eccomi di nuovo in carreggiata con questa crema di cavolini che ieri mi sono mangiata da sola, con il moroso a giocare a calcetto e la Pina entusiasta della nuova pappa bio allo sgombro comprata al Naturasì (ieri sono stata per la prima volta al Naturasì, sembravo una bambina alla Città del Sole, mi sono riempita la dispensa di semini).
La ricetta l'avevo adocchiata già da qualche giorno sulla Cucina del Corriere (con opportune modifiche dovute alla solita mancanza di ingredienti), ma non veniva mai il momento giusto per farla, fino a ieri sera.
La porzione è piuttosto abbondante (anche se alla fine ci ho riempito solo una ciotola nemmeno troppo grande) e dopo cena mi aggiravo per casa giocando con la Pina con una pancia che temevo di essere incinta, ma poiché si tratta solo di verdure e di verdure ne posso mangiare quanto voglio, mi sento perfettamente in pace con la coscienza, nonché appagata di stomaco.
Crema di cavoletti di Bruxelles
zuppa_cavolini
Ingredienti per una persona
300 gr di cavolini di Bruxelles
1 patata piccola
un pezzetto di cipolla affettata sottile
1 peperoncino secco
mezza fetta di pane secco o abbrustolito
una manciatina scarsa di noci
olio e sale
250 ml di acqua calda

Pulire bene i cavolini e togliere le foglie esteriori. Sbucciare la patata e tagliarla a tocchetti. Affettare sottilmente la cipolla e rosolarla in un tegame profondo con l'olio e il peperoncino sbriciolato. Dopo qualche minuto aggiungere la patata e i cavolini tagliati a metà verticalmente. Rosolare gli ingredienti per qualche minuto e aggiungere l'acqua bollente. Salare a piacere, portare a bollore e cuocere coperto o semicoperto per 30 minuti. Spegnere il fuoco e frullare tutto con un frullatore a immersione. Se il composto è troppo liquido rimettere sul fuoco e restringere fino alla consistenza desiderata. Nel mio caso non ce n'è stato bisogno (ma io ho aumentato la percentuale di cavolini rispetto al totale degli ingredienti, in realtà sarebbero 150 gr a testa). Completare il piatto con i crostini di pane e le noci e servire.
Ieri era un anno da quando la Leggiadra è venuta a lavorare nel nostro ufficio. Dato il suo animo festaiolo ha immediatamente pensato di onorare la ricorrenza.
"Porti una torta?" le ho chiesto. E l'altra nostra collega, conoscendo i suoi polli ha commentato: "Guarda che se vuoi la torta la devi portare tu".
Detto fatto. Solo che domenica sera non avevo tempo di prepararle un dolcino, per cui mi sono presa un giorno di ritardo.
La Leggiadra ama i sapori semplici e le piace moltissimo il limone, allora ho pensato di farle il cake al limone e semi di papavero che troneggia sulla copertina del pluri-utilizzato Cakes dolci e salati.
L'avevo già fatta in verità, infatti questa foto è vecchia, ma poiché la ricetta non cambia e non l'avevo mai pubblicata, eccola qua.
Per ora il dolce l'ha assaggiato solo lei, però se ne è detta entusiasta, perciò posso fidarmi, perché se non è convinta di qualcosa non si fa remore a dirmelo.
Cake al limone con semi di papavero
Cake limone e semi di papavero
Ingredienti
180 gr di farina
2 limoni (io ne ho usati uno e mezzo, ma perché erano molto grossi)
3 uova
150 gr di zucchero
150 gr di burro fuso (io ci ho messo invece 125 ml di olio di riso)
1 cucchiaio di semi di papavero
mezza bustina di lievito in polvere
una presa di sale

Preriscaldare il forno a 180°C e imburrare uno stampo da cake (o rivestirlo di carta forno). In una terrina sbattere le uova con lo zucchero a lungo, finché non diventano gonfie e spumose. A quel composto aggiungere la farina setacciata e amalgamare bene. A questo punto aggiungere la scorza grattugiata di un limone e il succo di entrambi, il sale, il burro fuso (o nel mio caso l'olio) e i semi di papavero. Da ultimo aggiungere il lievito.
Versare il composto nello stampo e cuocere per 40 minuti.

Sono quasi le quattro, il the verde ce l'ho, ora quasi quasi me ne prendo una fetta.
Non so voi, ma a me nel fine settimana si dilatano i tempi, gli impegni, i pasti. Sabato per esempio ho pranzato che erano quasi le tre. Pessima mossa, visto che poi avevo una cena pantagruelica a casa di amici, sullo stile di "ognuno cucina qualcosa", peccato fossimo in 15 e quindi si trattasse di una cena da 15 portate (quindici no, ma quasi). E' andata a finire che sono tornata a casa alle due di notte e mi sono svegliata tardissimo la domenica mattina, senza nessuna intenzione di mangiare. Così, tra una cosa e l'altra ho cominciato a preparare il pranzo che erano quasi le due e mi sono accorta solo leggendo la ricetta che le lasagne dovevano cuocere in forno per 40 minuti e quindi saremmo finiti nuovamente a pranzare tardissimo. Così, a metà lavoro ho deciso che quella sarebbe stata la cena e così è andata. E il pranzo è stato risolto con un piatto di spaghetti in bianco.
La foto, scattata alle otto di sera è appena passabile, come del resto la maggior parte di quel che viene "cotto e mangiato" o precipitosamente messo in salvo dalle fauci della Pina. Però era un piatto facile e buono e per questo ve lo propongo.
La ricetta viene dalla Cucina del Corriere di febbraio, nella quale viene spiegato l'intero procedimento per fare tutto, dalla besciamella alla pasta per le lasagne. Io sono un donnino moderno e perciò mi avvalgo di preparati già pronti (con alterne fortune). Nulla vieta di farsi le cose da voi, io qui vi do la ricetta coi semilavorati già pronti.
Lasagne alle biete
lasagne alle biete
Ingredienti
600 gr di bietole da costa
1 confezione di besciamella pronta
lasagne pronte (qualche foglio, a me ne sono bastati tre)
80 gr parmigiano grattugiato
sale, pepe

Lavare bene le bietole, togliendo le parti danneggiate e lessarle per cinque minuti in acqua già calda e salata. A parte scaldare la besciamella e aggiungervi il parmigiano grattugiato. Se è troppo densa allungare con del latte a temperatura ambiente. Scolare e tritare le bietole.
Se necessario scaldare la pasta di lasagne a un foglio per volta in acqua calda, posizionare su una teglia imburrata un foglio di lasagna, le bietole, la crema e ricominciare fino a esaurimento degli ingredienti. Terminare con la lasagna, possibilmente ricoperta di crema (altrimenti spennellata di olio o burro fuso) e cuocere a 180°C per 40 minuti.
Aveva un aspetto orribile quando l'ho portata in tavola, invece era buonissimo.