Lunedì sera sono tornata a casa dal lavoro, il tempo di cambiarmi ed ero già in cucina a preparare la cena. Ho sbaccellato un chilo di fave. Ho messo a bollire l'acqua, ci ho buttato dentro le fave. Dopo tre minuti le ho scolate e le ho sgusciate a una a una. Ci ho messo credo un'ora e mezza. In una ciotola a parte ho sbattuto le uova con il pecorino grattugiato. Ho versato il composto di uova e formaggio in una teglia rivestita di carta forno, ci ho buttato dentro le fave. Il forno era già acceso a 180°C.
Prima di infornare ho aperto il frigo e lì, davanti ai miei occhi si sono parati i due branzini che avevo comprato sabato per la cena di domenica. Solo che poi domenica non li avevamo mangiati perché il pranzo era stato così abbondante che avevamo cenato con uno yogurt. Non so come avessi fatto a scordarmene e soprattutto a non notarli tutte le volte che avevo aperto il frigo per prendere le fave, le uova, il pecorino.
Non potevo cucinarli martedì, perché dovevo andare a teatro. Che fare?
Ho cucinato il pesce. Mentre lo mangiavamo, ho cotto la frittata, che in parte è stata mangiata dal marito la sera dopo, mentre io ero a teatro, in parte è diventata schiscetta per me.
Branzini al timo e limone
(ricetta tratta dalla rivista "FiorFiore" dei supermercati Coop)

Branzino al timo e limone
Ingredienti per due persone
2 branzini (o trote, o orate)
1 limone non trattato
1 spicchio d'aglio
qualche rametto di timo
mezza tazza di pangrattato

Sciacquare i pesci già puliti e irrorare le pance con il succo di mezzo limone. Tagliare l'altra metà del limone a fettine. Frullare le foglioline di timo con lo spicchio d'aglio e mescolare il trito al pangrattato. Inserire nella pancia dei pesci il trito di erbe e pangrattato e un paio di fettine di limone. Posizionare in una teglia e cospargere i pesci con il trito avanzato.
Cuocere a 180°C per circa 15/20 minuti, a seconda delle dimensioni dei pesci.

La brutta foto è stata scattata con l'iPhone e la luce sopra i fornelli. La foto alla frittata di fave non l'ho neanche fatta.

Avevo promesso ed eccomi qua, anche a febbraio, a confermare il mio buon proposito del 2013 di scrivere almeno un post al mese su questo blog di cucina semi-abbandonato. Proprio ieri tra l'altro una collega mi domandava se ci scrivessi ancora. Insomma, più o meno...
Qui a Milano nevica come dentro le palle di neve souvenir. Chissà mai che domani pomeriggio non mi venga voglia di stare in casa a preparare una bella torta per il the, come facevo una volta. Sabato scorso l'ho fatto: ho preparato un cake con la farina di riso e i canditi al cedro. E' venuto orribile, ma per la colazione non era male.
Oggi vi rifilo una pasta, proprio in tempo per l'ora di pranzo. La ricetta l'ho trovata su Cucina Naturale dell'anno scorso, ma tanto le ricette non invecchiano, ogni anno tornano buone (anche in senso non metaforico).

ricotta, noci e funghi
Ricetta tratta da Cucina Naturale di gennaio 2012
Ingredienti per due persone
160 gr penne integrali (o, in questo caso, di maccheroni)
1 porro
10/15 gr funghi secchi
50 gr noci tritate grossolanamente
125gr ricotta
125 ml di latte
mezzo bicchiere di vino bianco
olio
sale

Cuocete la pasta in abbondante acqua salata. Mettete a bagno i funghi secchi in una tazza di acqua tiepida. Tagliate il porro a fettine sottili e rosolatelo con un paio di cucchiai di olio extravergine d'oliva per una decina di minuti, girandolo spesso. Aggiungete i funghi secchi strizzati e proseguite per cinque minuti, bagnando col vino. A questo punto aggiungete le noci e la ricotta diluita con il latte. Dopo dieci minuti, anche meno, togliete dal fuoco, regolate di sale e condite la pasta.
No, non sono morta, non sono stata rapita dagli alieni, non sono entrata nel programma protezione testimoni, non ho vinto a "Turista per sempre".
Come spesso mi succede, mi ero impigrita. Si capiva già dagli ultimi post, sempre più radi e poi, anche se non ho mai pensato con certezza che avrei smesso di tenere questo blog, non avevo più voglia di scrivere.
E anche se alcune amiche mi chiedevano spesso nuovi post, io nicchiavo sempre. Però un po' mi dispiaceva.
Così mi sono messa come buon proposito del 2013 di scrivere su questo blog almeno un post al mese. Ed eccomi qua. Certo, sono proprio al limite del mese di gennaio. Ma ci sto ancora dentro, per cui va bene così.
Sempre in tema di buoni propositi, che ne è stato di quelli del 2012? Non vado a riprenderli, ma ne conosco almeno due con certezza, perché me li sono tirati dietro per anni: la pasta fatta in casa e la torta a strati. Ecco che nell'anno in cui questo blog (grazie al quale ho abbattuto tanti miei tabù culinari) languiva, li ho finalmente mantenuti entrambi.
La torta a strati me la sono fatta per il mio quarantesimo compleanno. Due giorni di lavoro, tra preparazione delle basi e crema, ma ne è valsa la pena: ero fierissima. La pasta in casa l'ho fatta anche per Natale, peccato che si sia incollata tutta e il 24 mattina sia dovuta correre da un pastaio di fiducia per rimediare al danno. Ma almeno ci ho provato e di sicuro ci proverò ancora.
Ma veniamo finalmente alla ricetta di questo mese di gennaio. Invernalissima e perfetta per un pomeriggio freddo, in cui non si ha voglia di uscire e anche l'idea di passare un bel po' di tempo ad affettare verdure non ci sembra così terribile.
Questa ricetta ha una storia. Cioè: io ho una storia in proposito. Io non faccio il brodo. Non faccio il brodo di carne e nemmeno di verdura. Non ho voglia, sono pigra e poiché la sera torno a casa abbastanza tardi dal lavoro, di sicuro non mi metto lì a scaldare carne, pesce e/o verdure con l'obiettivo poi di farci una zuppa o un risotto. Non ho tempo, non mi va. Sono sicura che ci sono persone che trovano favoloso rilassarsi davanti ai fornelli dopo una lunga giornata di lavoro e fanno benissimo. Ma io tutto sommato continuo a preferire il divano e se mi serve il brodo continuo a trovare il dado una fantastica invenzione. Peccato che fondamentalmente faccia schifo, sia come sapore che come contenuto nutrizionale.
Poi ho avuto la fortuna che due amiche per due anni di fila mi hanno regalato il "dado casalingo" fatto da loro. Con dentro solo verdure e sale. Buono, sano e comodo come il dado comprato.
Quest'anno a Natale purtroppo non è arrivato, così mi sono decisa a farlo io. Onestamente pensavo che sarebbe stato più faticoso. Invece no: è solo lungo, perché bisogna affettare tante verdure. Però è facile, ne viene tanto e dà molta soddisfazione. In giro si trovano molte ricette, io mi sono affidata a quella pubblicata su Cucina Naturale di novembre 2011.

Dado casalingo

Dado vegetale casalingo

Ingredienti
Verdure di stagione a scelta
(Cucina Naturale sconsiglia i cavoli perché finirebbero per coprire il sapore di tutto, io ho messo uno scalogno per fare la figa, tre grosse cipolle, sedano, carote, un finocchio e qualche cubetto di zucca, tutto biologico del mio fornitore del GAS)
la metà del peso delle verdure di sale
(io ci ho messo quello integrale di Cervia)

Tagliare le verdure a dadini, pesarle e aggiungere metà del peso delle verdure di sale. Mettere tutto in una pentola capiente, col fondo spesso. Non aggiungere acqua: ne rilasceranno le verdure.
Cuocere a fuoco basso per un'ora circa. Io ho cotto per circa 45 minuti coperto e poi ho tolto il coperchio, per far evaporare un po' l'acqua.
Frullare il tutto a crema e versare in vasetti sterilizzati (io li ho lavati normalmente e poi li ho lasciati una mezz'oretta in forno a 70°C). Rovesciare i vasetti e lasciarli raffreddare rovesciati, in modo che si formi il sottovuoto.

Conservare in frigorifero o in freezer.